giovedì 16 febbraio 2023

Federico BERNARDESCHI

 

Dalla Fiorentina alla Juventus – scrive Antonio Barillà sul “GS” del settembre 2017 – come Roberto Baggio ventisette anni fa. Stesse qualità, stesso percorso, stesse polemiche. La delusione del popolo viola, l’orgoglio dei tifosi bianconeri. Destino, perché Federico Bernardeschi all’accostamento con il Codino è abituato da anni: «A me fa piacere, ma è poco rispettoso per lui: Baggio è Baggio, ce n’è uno, è tra i più grandi di sempre. A mio parere, i paragoni sono sempre sbagliati: riguardano strade, vite e uomini diversi».
Lui, però, non avrà il numero dieci. Almeno per il momento. «Fosse stato per me – confida – l’avrei presa, ma alla Juventus c’è molto rispetto per questa maglia e credo sia giustissimo così: la decisione è stata condivisa con la società, dovrò dimostrare di meritarla e tra un anno vedremo. Ho scelto il trentatré perché sono molto religioso».
– Ha ricevuto numerose offerte, ma ha voluto con forza la Juventus. Perché?
«Perché è tra i primi top club al mondo, rappresenta la storia. Essere qui dà grandi emozioni e voglio viverle tutte».
– La trattativa è stata lunga...
«Non era facile, ma grazie alla fiducia che la Juve mi ha dimostrato fin dall’inizio, al mio agente Giuseppe Bozzo e alle persone che mi sono state vicine, siamo riusciti a portare a casa il risultato».
– Cosa la colpiva dei bianconeri, affrontandoli da avversario?
«La mentalità che sono riusciti a mantenere negli anni. La grinta, la determinazione, la tenacia. Quando entri in campo per sfidarli, sono cose che senti».
– I tifosi le hanno riservato un’accoglienza particolarmente affettuosa...
«È stato incredibile, darò tutto per ripagare tanto affetto: credo incida il fatto che sono giovane e italiano, in me vedono il futuro. Sono felice di aver portato entusiasmo».
– A Firenze la contestazione ha toccato invece vette durissime...
«C’è una parte di società malsana, sui social giungono ad augurare la morte. Finché prendono di mira noi fortunati che trasformiamo una passione in lavoro, finché lo fanno con me che ho un carattere forte, non è un problema, ma a volte colpiscono persone fragili. Non alimento, commentando, queste polemiche, ringrazio invece chi mi ha fatto in bocca al lupo pur chiarendo di non tifare più per me».
– Un pensiero sulla Fiorentina...
«La ringrazio per quanto ha fatto in dodici anni, per come mi ha cresciuto e fatto diventare un uomo, per come mi ha sempre difeso. Ringrazio la società, le persone che mi sono state vicino nel bene e nel male».
– Giocherà accanto a Gigi Buffon, carrarino come lei...
«Un esempio a livello mondiale: quando hai un condottiero di questo spessore, hai più voglia di seguirlo».
– Il portiere ha parlato benissimo di lei e Del Piero l’ha definita un gran colpo: che effetto fa?
«Li ringrazio pubblicamente: sono leggende e le loro parole emozionano. Mi impegnerò per non farli sfigurare».
– La rosa bianconera è ricchissima: Buffon è un campione tra i campioni...
«Mi guardo intorno e sono tutti forti, sarà bello giocare con loro. Quando entri a fare parte di un club così importante, ti puoi divertire».
– In attacco ci sarà molta concorrenza. Ed è l’anno del Mondiale...
«La concorrenza è uno stimolo, serve per raggiungere grandi traguardi. Ovviamente il Mondiale è un obiettivo».
– La sua personalità stride con l’anagrafe: è compatibile con la volontà di entrare in punta di piedi nel mondo Juve?
«Alla personalità non si deve mai rinunciare. L’importante è mantenere una linea in simbiosi con allenatore, società e compagni, senza essere mai ottusi o testardi».
– La Juventus ha investito quaranta milioni di euro, una valutazione che può pesare...
«Giusto prendersi la responsabilità, fa parte del gioco. Quando non si spendeva così tanto, si diceva che nel calcio erano finiti i soldi, adesso che si spende dovremmo essere tutti più felici e dire che comunque il calcio sta andando bene. Trovo positivo che si investa su noi giovani italiani, fino a due anni fa non venivamo presi in considerazione».
– Non la intimorisce nemmeno avere tanti sguardi puntati addosso?
«No. E non è presunzione, chi mi conosce lo sa: è umiltà, ma un’umiltà consapevole. Trovo normale, dopo un trasferimento così, che un ragazzo abbia tutti gli occhi addosso, ma credo che la pressione faccia parte del mestiere: un calciatore deve accettarla».
– È vero che poteva diventare bianconero già due anni fa?
«C’è sempre stato un interesse della Juventus, però per una cosa o per un’altra non si è concretizzato. Credo che il destino abbia voluto così e le cose sono andate bene così».
– Ha fissato un traguardo in particolare? Nel mondo Juventus la Champions è quasi un’ossessione...
«Sono qui per aiutare la squadra a continuare a fare ciò che ha sempre fatto in questi sei anni: ripetersi nella vita è difficile e loro sono stati non bravi, ma fenomenali. Cercherò di dare una mano e provare a vincere il settimo scudetto. La Champions, lo sappiamo tutti, è una competizione difficilissima, fatta di mille sfaccettature: credo che l’obiettivo della Juventus sia arrivare tra le prime quattro posizioni».
– Che campionato si aspetta?
«Difficile, tosto, divertente: quasi tutte le squadre si sono rinforzate».
– Lei è un attaccante eclettico: quale posizione preferisce?
«Ho ricoperto tutti i ruoli, sono a disposizione del mister».
– Da piccolo aveva un idolo?
«Ho sempre amato il bel calcio, fatto di qualità e di fantasia. Ovviamente mi hanno sempre affascinato i numeri dieci, potrei fare diversi nomi ma non ho avuto un modello in particolare».
– In che cosa è migliorato maggiormente nell’ultima stagione e in che cosa deve ancora migliorare?
«Credo di essere migliorato dal punto di vista caratteriale, fisico e della continuità. Ma su tantissimi aspetti posso e devo crescere, lo farò con l’aiuto del mister e dei compagni: non entro nelle cose tecniche, ma ci sarà di sicuro tanta strada da fare e non vedo l’ora di percorrerla».
– Curiosità finale, nei giorni del suo arrivo alla Juventus ha fatto scalpore un suo look, una “gonna” con cui è stato fotografato...
«Era un pantalone, a dire il vero, ma stile e abbigliamento sono un punto di personalità: ognuno è libero di vestire a proprio modo, poi c’è chi non condivide».

Veste per la prima volta la casacca bianconera il 13 agosto 2017, entrando nel secondo tempo della partita di Supercoppa italiana persa 3-2 contro la Lazio, mentre l’esordio in campionato avviene il 9 settembre, nella vittoria interna 3-0 contro il Chievo. Tre giorni dopo fa il suo debutto in Coppa dei Campioni, nella sconfitta 3-0 contro il Barcellona al Camp Nou. Realizza il suo primo gol in campionato il primo ottobre, nella trasferta contro l’Atalanta, e quello in Champions, nella vittoria esterna 2-0 sull’Olympiakos del 5 dicembre. Segna anche a Firenze, con un preciso calcio di punizione, non rinunciando alla sua classica esultanza della farfalla. Il 9 maggio 2018 vince il suo primo trofeo in carriera, la Coppa Italia, grazie alla roboante vittoria sul Milan per 4-0. Quattro giorni dopo, il pareggio per 0-0 contro la Roma gli consente di fregiarsi del suo primo scudetto. Tutto sommato una buona stagione per il mancino carrarino.
Nella sua seconda annata vince la Supercoppa italiana, grazie alla vittoria per 1-0 contro il Milan a Gedda, e bissa la vittoria dello scudetto, pur andando incontro a un primo calo di rendimento sotto alla Mole. Ma rimarrà negli occhi dei supporters bianconeri la strepitosa partita nell’entusiasmante rimonta contro l’Atletico Madrid. Si legge sui giornali: «Primo tempo da incorniciare: l’assist per il gol di Ronaldo, una punizione alta di poco e una rovesciata coraggiosa che fa capire che è la sua serata. Lotta come un leone anche nella ripresa svariando su tutto il fronte d’attacco e dà ragione ad Allegri che lo ha preferito a Dybala nell’undici titolare. Fino alla ciliegina sulla torta: la progressione irresistibile che costringe Correa a commettere il fallo da rigore del 3-0».
Nella stagione 2019-20, con il nuovo allenatore Maurizio Sarri, realizza un solo gol in campionato, contro la Sampdoria, nella gara che vale il nono scudetto consecutivo per i torinesi e il terzo personale per Federico. Da quel momento inizia la fase più negativa nell’esperienza bianconera di Bernardeschi, ormai vittima di equivoci tattici e incapace di riproporsi su livelli soddisfacenti.
L’anno successivo, sotto la guida di Andrea Pirlo, continua a trovare discreto spazio, ma per la prima volta in carriera chiude l’anno senza mai trovare la rete, partecipando da comprimario ai successi in Supercoppa di Lega e Coppa Italia; in particolare, si rivela scarso il feeling con l’allenatore, tanto che a fine stagione il carrarino palesa pubblicamente il proprio malcontento circa il suo impiego in campo.
«L’anno con Sarri è stato quello della consacrazione. Ma poi i miei ruoli cambiavano di continuo ed ero sballottolato da una parte all’altra. Tutti quei cambiamenti possono condizionare la crescita di un giocatore. Pirlo aveva un’idea di calcio differente e mi vedeva come un terzino sinistro... Ci ho provato, perché Pirlo è una persona magnifica. Colpa mia e delle situazioni tattiche che mi hanno un po’ frullato».
Le cose non migliorano col ritorno in panchina di Allegri nella stagione successiva, in cui l’esterno, pur ritrovando una maggiore titolarità, continua ad avere un ruolo poco rilevante nelle gerarchie della squadra. Le opache prestazioni nella Juventus stridono con quelle positive in Nazionale e ciò non aiuta il suo percorso bianconero. Anche per questo motivo, Bernardeschi e la società non trovano l’accordo per rinnovare il contratto, e Federico decide di lasciare Torino dopo cinque anni, con tre scudetti, due Coppe Italia e due Supercoppe italiane in bacheca.
«Quando entrai nello spogliatoio bianconero c’erano Buffon, Chiellini, Bonucci, Barzagli, Marchisio, Khedira, Mandzukic, Matuidi... Ne ho citati otto che hanno vinto il Mondiale, la Champions... Di cosa parliamo? Del nulla. A ventitré anni entrare in uno spogliatoio di questa gente qui... Se sono quello che sono oggi è sicuramente grazie a una percentuale di quello spogliatoio. Con la personalità, con il carattere, ma comunque con grandissimo rispetto. Rimpianti? No, proprio zero. Ho giocato in un top club europeo, ho vinto tantissimo e ho fatto un qualcosa di straordinario con i miei compagni in Nazionale vincendo l’Europeo. Quando rivedo questo bambino, che è partito alla Fiorentina, e mi chiedo quali sogni avesse allora, rispondo: questi! Toronto? Non avrei mai fatto una scelta del genere se prima non fossi andato a vedere com’era. Avevo la possibilità di rimanere in due grandissimi club in Italia. Sono Federico Bernardeschi, mi trovo a Milano e prendo un aereo con scritto Toronto, mica Los Angeles o New York. Quindi ci vado con la mia famiglia così, se fosse uscito qualcosa, avrei usato la scusa della vacanza. Se tra cinque anni la MLS diventa il campionato principale al mondo, cosa dite: ho fatto un passo avanti o uno indietro?

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