domenica 20 dicembre 2020

Andrea GASBARRONI

 

MAURIZIO TERNAVASO, “HURRÀ JUVENTUS” DEL MARZO 2001
Dopo un inizio un po’ stentato, dovuto alle normali difficoltà nelle quali ci si imbatte quando si tratta di assemblare un groppo composto da tanti nuovi giocatori, la formazione Primavera guidata da Giampiero Gasperini sta a poco a poco recuperando posizioni in classifica e lo smalto consono alle qualità dei suoi uomini, alcuni dei quali destinati a un luminoso avvenire. D’altronde l’inversione di tendenza è in atto da diversi anni: dopo lunghi periodi bui, il settore giovanile bianconero da un po’ di tempo a questa parte sta sfornando talenti in serie.
I vari Sartor, Artico, Dal Canto, Cammarata, Binotto, Manfredini, Baccin, Grabbi e Rigoni sono la miglior dimostrazione del nuovo corso, anche se la speranza è sempre che qualche talento sbocciato in casa possa entrare a far parte in pianta stabile della rosa di prima squadra.
L’undici di questa stagione ha tutti i numeri per smentire il detto “nemo profeta in patria”: sulla rampa di lancio vi sono diversi giovani che, se sapranno mantenere le promesse, in futuro potranno davvero rivelarsi utili alla causa di Ancelotti. Molti osservatori ad esempio hanno puntato i loro occhi sul gioiellino Andrea Gasbarroni, scattante mezzapunta da tempo nel giro di tutte le rappresentative nazionali di categoria. Andrea, nato a Torino il 6 agosto 1981, è alla decima stagione alla Juventus e al terzo campionato con la Primavera, di cui è uno dei punti di forza.
La sua è la storia di chi, avendo puntato tutto sul calcio, sta per passare all’incasso. «Sono torinese di nascita, ma non di famiglia: papà è di Terracina, mamma di Foggia. Ho iniziato a giocare a calcio ai giardinetti di corso Belgio, poi sono entrato nel Vanchiglia e da lì, nel ‘9l, il grande salto. La scuola? L’ho abbandonata dopo il terzo anno delle superiori: per andare bene occorre studiare almeno due-tre ore il giorno, oltre a una forza di volontà che a me mancava. Per questo ho dovuto fare una scelta, anche se all’inizio i miei non volevano saperne. Ora non ho alternative: devo riuscire a tutti i costi a sfondare nel mondo del calcio professionistico. E non nascondo di provare grande ammirazione e un po’ di invidia nei confronti dei compagni che riescono a conciliare gli studi con il football».
Suo padre Antonio tra l’altro si divide con fatica tra il Combi e il Vanchiglia dove gioca il fratellino Federico, un esterno sinistro tutto mancino di soli dieci anni che promette assai bene. Gasbarroni è un trequartista brevilineo e molto veloce negli spazi stretti che calcia indifferentemente con entrambi i piedi, anche se predilige il destro, e che ha dalla sua anche un ottimo dribbling. La tecnica non gli fa quindi difetto così come la dimestichezza con il gol, tanto che a metà del campionato in corso ha già messo a segno sette reti. «Devo però migliorare la massa muscolare: per questo mi sottopongo spesso a estenuanti sedute in palestra che in futuro dovrebbero garantirmi una marcia in più».
Ciò nonostante la Juventus quest’anno lo ha inserito negli elenchi ufficiali con la maglia numero 31, dopo averlo portato per la seconda volta in ritiro a Chatillon. «Quest’estate mi aspettavo la convocazione, la scorsa stagione invece è stata una grandissima sorpresa. Comunque sono stato molto fortunato: credo di aver imparato molto sia dal punto di vista tecnico, sia da quello tattico ascoltando le indicazioni di mister Ancellotti e osservando da vicino i campioni della prima squadra. Spero che il tutto mi torni presto utile».
Intanto Andrea cerca di vivere i diciannove anni come tutti i ragazzi della sua età, anche se il calcio ha ormai una parte assolutamente predominante. «Fuori dal campo frequento in particolare gli altri torinesi, ossia Frara, Scardina, Rondinella e Viola, ma quello della nostra squadra e nel complesso davvero un bel gruppo. Le distrazioni femminili? Possono capitare, ma non mi vengano a dire che si è facilitati perché si gioca nella Juve: quando uno è bello è bello e basta... A parte gli scherzi, tutto ruota intorno alla speranza di arrivare in serie A: si sa che tra il dire e il fare c’è sempre qualcosa di immenso di mezzo». 
Nell’immaginario di un campione in erba ci sarà sicuramente il nome di un calciatore cui ispirarsi o che, almeno, rappresenta il sogno irraggiungibile: «Non nel mio, caso: io sin da piccolo ho sempre avuto il mito di Maradona, che considero il migliore giocatore di tutti i tempi per quello che ha saputo fare in campo, anche se nella vita privata il suo comportamento è stato spesso deleterio. Ma non sarebbe sensato dire che mi ispiro a un atleta così inimitabile: toccherei il cielo con un dito se riuscissi ad arrivare a un livello accettabile in ambito nazionale».
Andrea, ancora una domanda: quale è il sogno che hai nel cassetto per quest’anno? «Ne ho due, altrettanto importanti: lo scudetto Primavera, anche se la strada per la qualificazione è ancora lunga e difficile, e giocare anche solo un minuto in serie A, magari dopo che la Juve ha ormai la certezza matematica di essersi aggiudicata lo scudetto. Lo so, non sono traguardi da poco, ma è anche vero che a vent’anni non è indispensabile tenere i piedi saldamente per terra e si può anche pensare in grande...».
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Andrea non avrà mai la soddisfazione di giocare nella Juventus. Solamente qualche panchina e niente di più. Rimane la “consolazione” di essersi allenato con campioni del calibro di Zidane. «Speravo nel debutto perché venivo da 15 anni di Juventus, sono stato di loro proprietà fino a 26 anni. Speravo sempre che Ancelotti mi dicesse “È il tuo turno”, ma non è arrivato. Inutile negare che mi sarebbe piaciuto. Ricordo che era una squadra con grandi campioni, Zidane su tutti. Ci fu un allenamento dove feci un uno-due con lui, gli diedi il pallone troppo lungo e gli chiesi scusa. Lui mi rispose “No scusami tu, dovevo andare prima”. Questo ricordo me lo sono portato dietro, aveva una classe e un’umiltà pazzesca».

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