domenica 3 maggio 2020

Luciano MARCHESE


Qualche panchina come dodicesimo di Zoff e qualche amichevole, il tutto nella seconda metà degli anni ‘70: tutto qui il “vissuto” in bianconero per Luciano Marchese. Poi tanto girovagare nelle serie inferiori piemontesi.


DANTE GRASSI, “HURRÀ JUVENTUS” GENNAIO 1979
Un «Barone» in prima squadra, ovviamente trattasi di Franco Causio, e... un Marchese per la «Primavera». E, nel caso del biondo allampanato Luciano, portiere delle giovanili bianconere, non per via di un curioso soprannome appioppatogli dai tifosi bensì perché lui Marchese lo è realmente, come ad esempio un collega più anziano di lui, il giallorosso e già affermato Paolo, rientra tra i Conti del firmamento calcistico nazionale.
Marchese: cognome impegnativo, addirittura scomodo, con i tempi che corrono… Preciso però subito che il ragazzo casalese, di Borgo San Martino, lo porta assai bene, per i modi semplici e riservati che denotano una solida educazione. D’altra parte è valido biglietto da visita il rammentarmi di essere cresciuto anche calcisticamente alla scuola di don Dante Capriolio, preside del Collegio San Carlo, appunto di Borgo San Martino, Istituto in cui il foot-ball è seguìto con interesse e buoni risultati visto che da quei ranghi proviene pure Vinicio Verza.
Marchese Luciano è del ‘59, diciannovenne, quindi un «fuori quota» considerando che della «Primavera» è il più anziano. Era allora possibile un suo trasferimento per la stagione in corso, invece il biondo ragazzo di Casale ha finito col rimanere alla corte juventina quale terzo portiere in assoluto, cioè alle spalle del grande Zoff e di Alessandrelli.
Di lui Lucidio Sentimenti, il IV della celebre stirpe, famoso ex portiere bianconero e nazionale degli anni ‘40, attuale allenatore dei mini giovanissimi, afferma con piglio sicuro: «Per quello che vedo io il ragazzo è buono; ha ottima presa, è molto agile».
«Cochi», così era soprannominato Sentimenti IV ai tempi in cui difendeva la porta juventina, oltre essere profondo conoscitore di cose calcistiche, è naturalmente in grado di valutare più di altri le doti che un numero 1 deve possedere per sperare di riuscire, sfondare. Mi soffermo con lui a ricordare, con nostalgia, alcuni campioni del passato cercando accostamenti con quelli attuali sempre riferendomi al difficile compito del portiere. «Planicka – rammenta con infinita e ancora fresca ammirazione – era il mio beniamino quand’ero ragazzo; agile, fenomenale nelle uscite. Anche Combi fu grande. Quando giocavo io – prosegue – c’erano Franzosi, Costagliola, il povero Bacigalupo, Moro, e ancora Griffanti, Casari; insomma ce n’erano di ottimi portieri, a quell’epoca».
Adesso invece pare si scarseggi un pochino nel ruolo.
«Effettivamente e così e non si sa per quale motivo, certo però che portieri si nasce. Ora ci troviamo con un vuoto o quasi alle spalle degli intramontabili Zoff e Albertosi. Devo però riconoscere che il Galli della Fiorentina è effettivamente un giovane che ci sa fare, superiore anche a Bordon o a Conti. Ha posizione, è freddo, agile ed esce bene. Un portiere di avvenire. Lo accosterei a Sarti, snello quanto lui».
Ecco, dal nostro «Cochi» in due parole precisate le qualità richieste perché un portiere possa definirsi ottimo: posizione, freddezza, agilità e prontezza nelle uscite, ed è alla prima di queste doti a cui Sentimenti attribuisce la maggiore importanza.
Trasmetto al giovin Marchese il concetto e Luciano, che mi segue con i furbi occhi grigio-azzurro puntati su una recente gigantografia della pluriscudettata (stiamo chiacchierando nella saletta stampa del «Comunale») in merito mi dice: «Anch’io cerco di non essere plateale; quasi mi impongo solo gli interventi che servono. In quanto ad emozionarmi credo poi di non esserne il tipo o almeno riesco a mascherare questo stato d’animo».
Avrai pure un modello di portiere.
«Cerco di apprendere tutto il possibile da Zoff; lui è uno dei migliori del mondo. Non è mai plateale ma essenziale».
E fra ì giovani già affermati?
«Certo che Galli della Fiorentina è proprio bravo. Per quello che ho visto penso che anche lui abbia lo stile di Zoff».
19 anni; avresti forse avuto bisogno di fare fin d’ora esperienza altrove nella speranza, chissà, di rientrare un giorno alla Juve magari per restarci definitivamente, non credi?
«Indubbiamente all’inizio occorre giocare, andare un poco in giro. Come è stato per Alessandrelli. Comunque è chiaro che se sono rimasto è segno che servo qui e questo è buon segno».
Speranze di sfondare? «Uno spera di fare carriera, è naturale. Ma io non mi illudo e per intanto ho messo da parte il diploma di perito meccanico. Non si sa mai Se non dovessi fare centro mi piacerebbe frequentare l’Isef. Le ambizioni di riuscire comunque ci sono sempre; diversamente non mi sacrificherei come faccio adesso».
Tanti tuoi colleghi della «Primavera» sono finiti nella nazionale juniores. Di te evidentemente si sono scordati.
«Effettivamente i vari Storgato, Antelmi, Ricci, Formoso ci sono riusciti. Sarebbe stato il mio sogno: pazienza».
In compenso ti sei già trovato seduto in panchina con la maglia n. 12, pronto a sostituire addirittura Zoff!
«È stato a Bergamo contro l’Atalanta; ma anche nella passata stagione mi era capitata la stessa cosa, a Perugia e per l’incontro col Glentoran di Coppa dei campioni e, lo confesso, sono proprio queste partite internazionali a entusiasmarmi maggiormente. E con la prima squadra – soggiunge con orgoglio – se pur rimaneggiata, ha già figurato in qualche amichevole».
Sei qui da qualche tempo, ormai, se non sbaglio.
«Sì, con questa sono cinque stagioni».
Già, nel 1974 Luciano Marchese se ne arrivò da Borgo San Martino, neppure molto spaesato e con tanta speranza nel cuore. I suoi genitori, certo, erano non poco preoccupati per il loro ragazzo, non ancora il baldo giovanotto di 1,84 che mi sta ora di fronte. Ed anche il sacrificio per la scuola, in quegli anni, non fu indifferente, col dover raggiungere ogni giorno Pinerolo per la frequenza. Insomma una ammirevole prova di costanza e di volontà.
Giovanni Viola, altro tecnico delle giovanili dal prestigioso passato quale portiere (negli anni ‘50 pluriscudettato e azzurro) lo ha attualmente alle proprie dirette dipendenze, ed anche lui, alla pari di Sentimenti IV, intravede in Marchese la stoffa dell’estremo difensore di sicuro avvenire.
«È freddo – mi spiega con convinzione – calcolatore, coraggioso. Possiede una discreta posizione ed è attento. Ha, per intenderci, doti naturali, cosa ben diversa da chi invece ha imparato a stare in porta».
Giudizi interessanti, come si vede, che ho raccolto da illustri specialisti del ruolo. E se le loro ottimistiche previsioni dovessero trovare conferma, ebbene, chissà che la Juventus un giorno non debba guardare molto lontano per trovare un degno successore a Dino Zoff. 

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