sabato 9 dicembre 2023

Kwadwo ASAMOAH


La prossima stagione giocherà nell'Inter – si legge sulla pagina Facebook de La Maglia della Juve il 18 maggio 2018 – e  a molti questo non piacerà: Kwadwo Asamoah non ha rinnovato con la Vecchia e si trasferirà nella Milano nerazzurra. Era stato vicino alla partenza già la scorsa estate, per poi proseguire la sua avventura in bianconero.
Kwadwo si è congedato dal mondo juventino in questi termini, attraverso Twitter: «Non ci sono parole per descrivere quanto sia stato difficile prendere questa decisione perché sono immensamente orgoglioso degli anni passati qui, di aver fatto parte della Juventus. Ogni singola persona di questo club avrà per sempre un posto speciale nel mio cuore, dai miei compagni ai miei allenatori, a tutto lo staff e soprattutto ai fantastici tifosi. Nonostante la Juventus mi abbia offerto un nuovo contratto, seppur con grande rispetto per il club e per tutti voi, ho scelto di intraprendere una nuova avventura altrove. Sarà assolutamente difficile giocare in futuro contro la Juve, ma ho dovuto prendere questa decisione nell’interesse della mia famiglia; spero e mi auguro che i tifosi possano capire e accettare questa mia decisione. Durante questi gloriosi anni torinesi, ho avuto l’onore di giocare con vere e proprie leggende del calcio e con alcuni dei migliori giocatori del mondo: mi mancheranno. Ai miei due fantastici allenatori, Allegri e Conte, e a tutti i loro collaboratori, porgo il mio ringraziamento per avermi reso un giocatore migliore. Non potrò mai ringraziare abbastanza i dirigenti bianconeri: mi hanno portato qui, hanno cambiato positivamente la mia vita. Il supporto ricevuto dai tifosi anche durante gli infortuni è stato splendido. Provo un sentimento profondo per questo club, al quale sarò sempre grato per tutto l’affetto dimostratomi».
Asamoah è stato uno dei più sottovalutati fra i protagonisti del leggendario ciclo juventino. Giunto a Torino nell'estate del 2012 insieme a Mauricio Isla, in breve si è imposto come laterale sinistro nel centrocampo a 5 di Antonio Conte, ambientandosi al volo, sul campo e fuori. In Supercoppa, all'esordio ufficiale in maglia bianconera, rifila un gran bel gol al Napoli. Un gol bello, un gol che conta: è il punto del momentaneo 1-1, nel contesto di un match che i bianconeri faranno proprio ai supplementari. Un’altra prodezza la rifila al Pescara, quando va in rete in rovesciata per il momentaneo 3-1 di una Signora in nero che fa strame degli adriatici.
Atleta naturale, il ghanese fa leva sul suo scatto bruciante e sulla sua buona tecnica, percuote la fascia senza soluzione di continuità, conferisce alla fase offensiva del complesso un costante apporto, rivelandosi fondamentale nell'economia del gioco juventino. Sembra che abbia sempre giocato in quel ruolo, è determinante anche in copertura, dove effettua ottime chiusure pur se privo di grande mestiere. Chiusure feline, chiusure istintive. Quando parte per la Coppa d'Africa, la compagine torinese ne risente e risulta meno brillante.
La stagione seguente si ripete, confermandosi un punto forte dei piemontesi. Il 1°novembre del 2014, a Empoli, si infortuna al ginocchio sinistro. Sembra un episodio contingente; invece, il vero Asa non lo rivedremo più. Il ragazzo prova a resistere, ma è costretto a operarsi al ginocchio sinistro. Il suo rientro avviene all'inizio della stagione seguente, al suo posto è divenuto titolare Patrice Evra. In occasione delle ultime stagioni disputate all'ombra della Mole, lo si vede all'opera come jolly: talvolta terzino sinistro, talvolta mediano, il ruolo in cui si era messo in mostra nella nostra Serie A.
Condizionato da quel ginocchio che non vuol smettere di infastidirlo, dai malanni muscolari inevitabilmente correlati, dall'impossibilità di allenarsi con continuità, nonché da una concorrenza sempre più tonica, Asamoah rimane sovente ai margini della formazione titolare. È il momento di Alex Sandro; Asa fa spogliatoio e beneficenza, sorride meno ma sorride, anche grazie al supporto della società e della famiglia, nonostante quella condropatia rotulea, quel problema cartilagineo gli abbia fatto perdere tante occasioni per mettersi in mostra.
Nel 2016 rinuncia alla Coppa d'Africa per rimanere a disposizione di Allegri: Asa conosce il significato della parola “riconoscenza”. Durante l'ultima annata torna, anche un po’ inaspettatamente, elemento quantomai prezioso per il tecnico livornese: i problemi di natura fisica paiono risolti, di conseguenza ha la possibilità di riproporsi su standard apprezzabili, risultando un'alternativa anche ad Alex; il brasiliano perde smalto e non si esprime al meglio; la pantera di Accra, sul piano dell'affidabilità, si fa apprezzare quanto se non più dell'omologo, potenzialmente più qualitativo. Se un appunto si può fare al ghanese, riguarda l'uso del piede destro: nel corso della sua esperienza torinese non è riuscito a migliorarlo. Anche se, proprio col destro, ha segnato uno splendido e decisivo gol alla Fiorentina.
Isla si è dimostrato non da Juve, e lo ha ammesso con grande sincerità. Il nostro si è invece palesato come uno da Juve, e solo la malasorte lo ha messo più volte in secondo piano. Un bravo ragazzo, un serissimo pro, un ottimo giocatore.
In bocca al lupo, Asa: alla Juve hai dato quel che potevi senza risparmiarti, sei andato oltre la soglia del dolore più di una volta anche solo per dare una mano ai compagni in un match non di cartello ma che comunque faceva classifica. Al tuo attivo, alla vigilia dell'ultima gara di campionato, 156 presenze con i nostri colori corredate da 5 sigilli. Su quel che abbiamo vinto in questi anni c'è anche la tua firma; una firma ben leggibile, ben incisa.

VITTORIO AVERSANO, DA JVENTIBUS.COM DEL 16 MAGGIO 2018
Con il numero 22... Kwadwo... Asamoah!
Alzi la mano chi non si è mai esaltato, negli ultimi sei anni, a declamare questo nome allo Stadium. Io, personalmente, sì e anche parecchio. Un po’ come in quello spot contro il razzismo, in cui rubava il pallone a Marchisio.
Intanto, per il suono: CUADUO. E poi per ciò che questo giocatore, arrivato quasi in sordina, ma neanche troppo in realtà, stante la discreta qualità e quantità che, già dimostrata nella mediana dell’Udinese (dopo un’anonima parentesi in prestito dal Bellinzona al Torino, nel 2008), avrebbe portato nell’allora squadra neocampione d’Italia, “dopo due settimi posti”, guidata da Antonio Conte.
Ed è subito spettacolo per il piccolo ghanese, tutto corsa e sorrisi: all’esordio stagionale, nella Supercoppa Italiana giocata (e vinta) contro il Napoli di Mazzarri a Pechino l’11 agosto 2012, schierato nell’inedito ruolo di tornante sinistro (che lo accompagnerà per il resto della carriera juventina), al 36’ del primo tempo, fulmina al volo De Sanctis sul suo palo, pareggiando la precedente rete di Cavani. Un’ottima prestazione a seguire contribuisce a consegnare il primo dei tre trofei che la Juventus porterà a casa quell’anno.
Generoso, rapido, forte fisicamente e tecnicamente apprezzabile, si distinguerà come uno dei migliori terzini di quel campionato, diventando elemento decisivo negli schemi di Conte, con i cross dal fondo che vedevano spesso l’altro esterno (Lichtsteiner) chiudere l’azione. Abbandonate definitivamente le vesti del mediano, rappresenterà, negli anni successivi, una risorsa fidata, sia come titolare sia come riserva, con un passo felpato e saltellante, tocchi corti e quasi sempre precisi, mai una polemica, mai una pretesa: «A me va bene tutto, decide il mister». Verrà superato nelle gerarchie, prima di Conte e poi di Allegri, dall’esperienza di Evra e dall’irresistibile esplosione di Alex Sandro, che offrirà tutt’altra ampiezza e ritmo carioca alla squadra.
Curiosamente, nella stagione appena conclusa, pur avendo raccolto minor minutaggio (26 presenze per 2.029’), Asamoah ha spesso dato la sensazione di rendere meglio del brasiliano che, a dispetto dell’annata non brillantissima, ha nei numeri offerto più di quanto apprezzato in presa diretta (38 presenze per 3.190’, 4 gol e 6 assist). Di contro, pur con responsabilità relative, l’isolata apparizione da centrale di difesa d’emergenza (in casa contro il Bologna) ed il non aver inciso, tra tutte le competizioni, né in termini di gol (zero) né di assistenze (unico key-pass a segno, nella sua miglior partita dell’anno, a Higuain contro il Milan a San Siro, con il velo di Dybala), spiegano la preferenza del tecnico per il numero 12.
Lasciato in scadenza di contratto e nonostante (nel diverso scenario del 2014) avesse dichiarato di voler restare alla Juve a vita, dopo aver evitato le sirene turche la scorsa estate, ha deciso di giocare per l’Inter dal prossimo anno, con un verosimile triennale da 3.3 milioni annuali. Prescindendo dalla discutibile scelta della destinazione, vista l’abitudine a vincere, viene da pensare che anche lui, come qualche suo più illustre predecessore, abbia deciso di cercare a Milano stimoli diversi, dopo aver collezionato svariati trofei e ancora più vittorie.
La sua curva di rendimento ha spesso offerto alti (iniziali) e bassi (più recenti), ma non posso non valutare con un certo scetticismo la decisione nel lasciar partire a zero (anche) questo giocatore, dato il valore di mercato (€12.5 milioni secondo Transfermarkt, deprezzamento minimo, se si pensa che fu acquistato a €15 milioni), l’ancor giovane età (29) e l’attuale assenza di alternative nel suo ruolo, specie in caso di partenza di Alex Sandro ed arrivo del promettente Spinazzola, rinunciando, peraltro, alla sua affidabilità e duttilità, quantomeno come riserva. Tutto questo a fronte di un minimo adeguamento contrattuale (partendo dagli attuali €2.3 milioni). Immaginiamo ci siano alternative più valide in canna, ma resta il fatto che va sicuramente a rinforzare chi non dovrebbe.
«Nello spogliatoio siamo tutti fratelli». Ebbene, nel bene o nel male, a me comunque dispiacerà perdere Kwadwo e, soprattutto, averlo contro.

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