20 aprile 1958 – Stadio della Liberazione di Napoli
NAPOLI-JUVENTUS 4-3
Napoli: Bugatti; Greco e Posio; Morin, Franchini e Beltrandi; DI Giacomo, Bertucco, Vinicio, Pesaola e Brugola. Allenatore: Amadei.
Juventus: Mattrel; Boldi e Garzena; Corradi, Montico ed Emoli; Stacchini, Boniperti, Charles, Sivori e Stivanello. Allenatore: Broćić.
Arbitro: Lo Bello di Siracusa.
Marcatori: Vinicio al 4’ e al 77’, Greco autorete al 6’, Brugola al 24’, Stacchini al 58’, Montico all’86’, Bertucco all’88’.
VITTORIO POZZO, DA “STAMPA SERA”
Il campionato non ha ancora avuto quella soluzione matematica che molti si attendevano. Chi si è levato in piedi a dire di no, in un tono che più volitivo è difficile di immaginare, è stato il Napoli. La Juventus non ha potuto dire quello che voleva dire perché ha trovato chi, parlando più forte di essa, gliel’ha impedito. La gara è stata, a propriamente dire, incandescente. Il Napoli è balzato in testa proprio in sull’inizio, è stato subito raggiunto, è ritornato in vantaggio poco dopo la metà del primo tempo ed è stato acciuffato a qualche minuto dall’inizio della ripresa. È riandato al comando dopo la mezz’ora per ritrovarsi l’avversario alla stessa altezza a quattro minuti dal termine, e con un gesto che aveva come del volitivo e del caparbio, è balzato definitivamente alla vittoria un paio di minuti prima che echeggiasse il fischio di chiusura. Il finale è stato quanto di ì più elettrizzante si possa immaginare. Il finale, comprendendo in esso gli ultimi minuti di gioco e il quarto d’ora che ha fatto seguito alla gara. Quelle tre reti degli ultimi dodici minuti, e particolarmente le due degli ultimi quattro, sono state come delle botte e risposte altisonanti sul gran tamburo del risultato. Già qualche minuto prima della fine si era assistito a un tentativo di invasione del campo laggiù dalle gradinate popolari. Un tentativo provocato dall’entusiasmo non da intenzioni maligne. Roba da nulla, una specie di piccola prova, rispetto a quello che doveva avvenire in seguito.
L’arbitro aveva appena emesso il segnale della fine della tenzone, che, irresistibilmente, il pubblico scavalcava ogni ostacolo e penetrava sul campo da ogni parte. Era come un torrente che avesse rotto gli argini e, travolgendo tutto innanzi a sé, penetrasse in zona vietata. In un istante il terreno di gioco si trovò come sommerso da una folla che pareva impazzita. Gente che correva, ballava, gridava, come in delirio. Si erano battuti coloro che devono vincere il campionato! I giocatori della squadra partenopea fecero appena in tempo a sottrarsi all’abbraccio che li avrebbe soffocati: a quelli dell’undici torinese non fu torto un capello. Uno sfogo a tanta gioia ci voleva. La folla lo trovò, questo, sfogo, nel suo presidente. Il comm. Lauro, venne preso, issato sulle spalle di decine di entusiasti, e seguito da un codazzo di migliaia di persone urlanti, fece il giro del campo sballottato di qua e di là, un po’ con le gambe, un po’ con la pancia in aria, sventolando un gran fazzoletto bianco come per dimostrare il suo consenso alla manifestazione. Una scena tra lo sportivo e il politico come soltanto Napoli nel nostro Paese può improvvisare. Una scena che esce dai confini di tempo dell’incontro ma che per la sua natura particolare meritava l’accenno che abbiamo fatto. Uno scoppio di entusiasmo indimenticabile.
Vi era ai Vomero tanta gente quanta il recinto ne può contenere. Ve ne era persino seduta ai bordi del campo, ché alcuni cancelli, mezz’ora prima dell’inizio della gara, furono divelti dalla folla che era rimasta fuori. Diciamo 40.000 persone tanto per dire. E un sole caldo e un’aria primaverile. In questo ambiente e fra lo scoppio di mortaretti e di petardi la gara incomincia quasi in orario. E subito il Napoli, partito come una furia, segna. Fuga di Di Giacomo all’ala destra, centro, respinta, nuovo centro, e Vinicio che piomba sulla palla e la spedisce irresistibilmente in rete. Il pubblico che impazza, e deve subire subito però una doccia fredda. Perché tre minuti più tardi, a seguito di un fallo di Franchini su Boniperti, il capitano juventino stesso manda la palla a spiovere in area. La solita testa di Charles che si alza al di sopra di tutti, colpisce e devia in rete. L’intervento del terzino Greco non può che aiutare la palla a varcare la linea. La rete è da assegnare a Charles. Uno a uno. Per qualche po’ la Juventus insiste con tiri da lontano e Charles colpisce un montante. Poi il Napoli ha come un sussulto, e sotto l’incessante e assordante incitamento della folla, si riversa tutto in avanti. Ed è Brugola che torna a ripagare il pubblico dell’appoggio che esso gli sta dando. Vinicio accenna a sfondare sulla sinistra, si gira improvvisamente e con un colpo di tacco all’indietro serve Brugola. Via libera per l’ala, che avanza e spara al momento preciso in cui Mattrel esce di porta. La palla sfiora la spalla del portiere e penetra in rete. Due a uno per i padroni di casa e niente da dire, perché essi corrono e lavorano come dei disperati.
Riprende il gioco, dopo il riposo, e Pesaola e Garzena diventano protagonisti di tutta una serie di scontri e di incidenti per cui sia l’uno come l’altro rimangono a terra e necessitano delle cure del rispettivo massaggiatore. E al 13’, gli ospiti che pareggiano ancora. Corradi, che sta scorrazzando liberamente per il campo, avanza e porta letteralmente la palla fino a Stacchini. Questi centra, qualcuno respinge, egli riprende e da un angolo di tiro difficilissimo infila improvvisamente la porta. Sul due a due il Napoli tentenna per qualche po’. Sarebbe il momento psicologico per un prevalere della Juventus. Ma i bianconeri non ne approfittano: non sono se stessi nella giornata. Essi danno tempo agli avversari di superare la crisi e di riprendersi. Ecco Pesaola che dall’ala sinistra centra lungo. Vinicio, che nessuno marca, salta fuori improvvisamente in posizione di mezza ala destra e di testa, a filo del vicino montante, infila la rete. Passano otto minuti e i juventini si fanno avanti. Folla di uomini attorno a Charles. Un difensore respinge corto. Arriva Montico che è avanzato anche lui. Tiro forte del centromediano. Una mano di Pesaola viene colpita dalla palla. La palla stessa ha un rimbalzo strano e penetra in rete fuori della portata di Bugatti. L’arbitro rimane un momento interdetto, come per studiare se convenga infliggere un rigore alla squadra di casa o concedere il punto. Finisce per attenersi a questa seconda soluzione.
Per la terza volta i due contendenti sono alla pari. Il pubblico è ammutolito di colpo. Ma ecco che il Napoli si ridesta e in un guizzo di energia finale si riversa in avanti come una furia. È come se una potente pila elettrica abbia proiettato nella lotta l’intera compagine. Sotto i colpi dell’offensiva avversaria, la Juventus si rinserra nella propria area di rigore. Qualche calcio d’angolo. Uno dei difensori bianconeri a un dato punto respinge precipitosamente corto e basso. Sulla palla, arrivando da lontano, piomba la mezz’ala destra Bertucco e spara direttamente in rete da fuori area. Davanti a Mattrel ci sono almeno una quindicina di persone, alcune delle quali, come Vinicio e Pesaola, sono rotolati a terra. La palla fila forte e raso terra, miracolosamente fra tutta quella selva di gambe e penetra in porta quasi a filo del montante, sulla destra di Mattrel il quale, non avendo visto il tiro in partenza, si getta in tuffo quando è troppo tardi. L’arbitro concede qualche minuto di ricupero per il tempo perduto a causa degli incidenti e per la tentata invasione del campo, di cui abbiamo detto. Rabbiosamente gli attaccanti juventini sferrano la loro ultima offensiva. Charles serve Stacchini in profondità. L’ala destra si porta in buona posizione e spara basso, in direzione del vicino angolo della porta, dove Bugatti non può giungere. La palla sfiora, all’esterno, il montante ed esce a lato. È l’occasione del quarto pareggio che è sfumata per un soffio. La Juventus s’inchina battuta. E il pubblico esplode nella caratteristica e pittoresca manifestazione di giubilo che già abbiamo descritto.
Non era la solita Juventus, quella che si è prodotta sul campo di Napoli. La difesa ha, in certi periodi dell’incontro, ballato come una nave in tempesta. Di organizzazione, per bloccare la via ai più pericolosi fra gli attaccanti avversari, come per esempio Vinicio, non se n’è vista. E l’attacco è stato con continuità servito in modo mal pratico. Gran lavoro individuale di Sivori nel primo tempo. Nella zona di metà campo, è tornato a spadroneggiare l’avversario, nelle file del quale il vecchio Pesaola è stato il lavoratore più tenace e costante, anche se il più teatrale. La Juventus della giornata non è stata travolta dall’impeto dei partenopei, certamente no. Ma sconvolta e scombussolata di sicuro lo è stata. Essa ricorderà a lungo questa sua giornata meridionale. Il Napoli ha giocato questa partita come se essa rappresentasse una questione di vita o di morte per i suoi colori. Ha dato l’anima. Il successo ottenuto se l’è meritato non per un superiore valore tecnico, né per una più raffinata tattica di gioco, ma essenzialmente per la volontà, l’impeto, lo slancio profusi a piene mani nella lotta. Quella del Napoli è stata senz’altro una vittoria dell’amor proprio e dell’entusiasmo. E per la Juventus la vittoria matematica in campionato ha dovuto essere rimandata ad altra occasione.
Il presidente della Juventus Umberto Agnelli è rientrato ieri sera poco prima delle ventitré in aereo, direttamente da Napoli. «Una partita sfortunata – egli ha dichiarato – nella quale il risultato è scaturito un po’ dal caso. A proposito dell’ultimo goal, quello decisivo, segnato da Bertucco su calcio di punizione, va detto innanzitutto che il fallo non c’era. Per di più il nostro portiere si è trovato coperto dallo schieramento». I giocatori, partiti in treno alle ventuno e trenta di ieri sera, rientrano a Torino stamane. Il loro arrivo a Porta Nuova avviene alle nove circa.
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