Ci sono annate certamente non particolarmente felici ma che portano anche segnali incoraggianti. Se prendiamo come esempio la stagione con Delneri in panchina, balza subito all’occhio il deludentissimo settimo posto. Ma uno sguardo più attento può cogliere alcuni aspetti positivi. Intanto, si sono create le basi della Juve che vincerà negli anni a venire (con gli acquisti di Pepe, Bonucci, Barzagli, Matri, Quagliarella, Storari) e si è regalato la possibilità a qualche giovinotto di iniziare la propria carriera professionistica: Ekdal, Sørensen, Liviero, Giannetti, Cammilleri, Boniperti, Giandonato, Buchel. Tutti faranno più o meno bene lontano da Torino, così come l’attaccante Libertazzi, che, in quella stagione, scenderà in campo solamente pochi minuti (in Polonia nel match di Europa League contro il Lech e in campionato contro l’Udinese) prima di essere ceduto al Novara.
MAURIZIO TERNAVASIO, “HURRÀ JUVENTUS” SETTEMBRE 2009
Alberto Libertazzi, 187 centimetri per settantadue chili, è nato a Torino il primo gennaio 1992 e gioca da attaccante. È entrato a far parte del settore giovanile bianconero nel lontano 1999, quando aveva soltanto sette anni. Anche lui può vantare la conquista della prestigiosa Coppa Carnevale dello scorso anno. Ha esordito nella categoria Primavera a soli sedici anni: se non è un record, poco ci manca. Inutile dire che punta forte, sia a livello personale che di squadra, alla stagione che sta per iniziare. Parlaci un po’ di te a ruota libera. «Sono al terzo anno di ragioneria, quando dovrei invece fare il quarto. In famiglia siamo in sei, due genitori più quattro figli maschi: il maggiore, ventidue anni, fa giurisprudenza e gioca nel Sommariva Perno; il secondo, di un anno più giovane, frequenta economia e commercio; l’ultimo, del 1994, è il portiere degli Allievi Regionali della Juve. Per ora ho fatto parte di tutte le rappresentative azzurre, dagli Under 16 agli Under 18, e quando posso mi diletto con il nuoto e con il tennis.
Dopo Massimiliano Maddaloni, ora alla guida della squadra c’è Luciano Bruni. «Mi trovavo bene prima e mi trovo bene ora: da professionisti del genere c’è solo da imparare. Ci manca solo che uno si metta a dare giudizi sull’allenatore della seconda squadra bianconera».
Che bilancio fai, a posteriori, della stagione scorsa? «Sono soddisfatto di essere approdato alla categoria Primavera con largo anticipo rispetto a quanto immaginassi, ma non ho giocato molto: spesso scendevo in campo con gli Allievi Nazionali o, in subordine, con la Berretti».
Quali sono invece i tuoi propositi per la stagione che sta per iniziare? «Semplice: essere impiegato con maggior frequenza e fare tanti goal, che è il mio mestiere. E poi portare a casa qualche titolo, per non far perdere l’abitudine alla società.
Quali sono state, sino ad ora, le tue esperienze con la prima squadra? «Nella passata stagione ho fatto qualche allenamento con Del Piero e compagni: è stata un’emozione non da poco, anche perché avevo solo diciassette anni. E poi ho potuto studiare da vicino i movimenti di un certo David Trézéguet».
Che cosa rappresenta adesso per te il calcio? «Molto, anche perché continua ad affascinarmi tantissimo. Anzi, poco alla volta si sta magicamente concretizzando il mio grande sogno: diventare un calciatore professionista. Chissà se ce la farò».
Sii sincero: per arrivare ai tuoi livelli sono necessari tanti sacrifici? «Direi abbastanza. Soprattutto per cercare di conciliare nel miglior modo possibile scuola e calcio. E poi a volte mi è mancato il fatto di uscire da scuola senza poter passare un po’ di tempo con i compagni. Ma gli allenamenti incombono».
C’è un’attività o un lavoro per il quale lasceresti il football? E per quale cifra potresti farlo? «Non se ne parla neanche, non c’è niente di più bello al mondo. Poi si dà il caso che io non sia per nulla venale: quindi avanti tutta e pedalare».
Nel calcio a tuo avviso si possono coltivare delle vere amicizie? «Penso proprio di sì, anche perché lo spirito di squadra impone in genere dei vincoli che vanno al di là della pura forma».
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