Nato ad Aosta il 17 settembre 1986 («Anche se io del valdostano ho ben poco – afferma Paolo – dalle mie parti la gente è un po' chiusa, ma non tanto come carattere, quanto geograficamente. Sono molto legati alla loro terra. Io, invece, amo viaggiare, vedere posti nuovi. Basti dire che mi piace più il mare della montagna. Sciavo, questo sì e mi piaceva anche. Però se devo scegliere il posto dove vivere, o anche solo trascorrere una vacanza, vado al mare, senza dubbio»), cresce nella “cantera” bianconera insieme a Marchisio e Giovinco con i quali esordisce in prima squadra in Serie B, nella stagione 2006-07. Mancino, ottima corsa e buona tecnica, è schierato da mister Deschamps come esterno alto: otto presenze e una rete (contro il Lecce di Zeman) il suo bottino di quel campionato.
E, proprio come i suoi due compagni, ottenuta la scontata promozione nella massima serie, è ceduto in prestito in Toscana: Empoli per Marchisio e Giovinco, Siena per lui. «La mia stagione è stata molto positiva. Siamo andati bene ed eravamo seguiti con affetto. In ogni caso lì c'è il basket, che è molto importante, per non parlare del Palio. Il calcio non è l'unico sport. Se il Siena va male, ma la squadra di basket vince, i senesi sono contenti lo stesso».
A Siena avviene la definitiva consacrazione come terzino di fascia: «Posso giocare in un ruolo o nell'altro, non voglio fossilizzarmi – spiegava Paolo – se il mister mi fa giocare terzino devo adattarmi e viceversa. La distinzione mi pare molto giornalistica ma all'atto pratico, per noi giocatori, conta poco. Il ruolo, la posizione in campo, naturalmente, ma le difficoltà sono le stesse. Con il tempo comunque troverò una collocazione più precisa. Se devo proprio scegliere, penso che il mio futuro sia dietro da terzino, dove posso magari esprimermi meglio».
A Siena avviene la definitiva consacrazione come terzino di fascia: «Posso giocare in un ruolo o nell'altro, non voglio fossilizzarmi – spiegava Paolo – se il mister mi fa giocare terzino devo adattarmi e viceversa. La distinzione mi pare molto giornalistica ma all'atto pratico, per noi giocatori, conta poco. Il ruolo, la posizione in campo, naturalmente, ma le difficoltà sono le stesse. Con il tempo comunque troverò una collocazione più precisa. Se devo proprio scegliere, penso che il mio futuro sia dietro da terzino, dove posso magari esprimermi meglio».
Nell’estate 2008 ritorna alla Juventus ripercorrendo, ancora una volta, la strada di Marchisio e Giovinco. La squadra è affidata a Claudio Ranieri e De Ceglie deve vincere la concorrenza con Molinaro, arrivato da Siena l’anno prima. Il Mister lo utilizza spesso, perché sfrutta la possibilità di impiegarlo sia come esterno alto che basso. Ma il 4 febbraio 2009, durante il quarto di finale di Coppa Italia disputato contro il Napoli, si infortuna al torace ed è costretto a rimanere fuori dal terreno di gioco per parecchio tempo. Ventisei partite è il suo score finale ed il tifoso bianconero comincia ad apprezzare questo “cavallone” che non smette mai di percorrere avanti e indietro la fascia sinistra e che, con il suo preciso sinistro, regala cross che diventano manna per i compagni.
Stagione 2009-10: la Juventus affronta la stagione con grandi aspettative di successo. Il campionato appena concluso l’ha vista conquistare il secondo posto, dopo l’avvicendamento fra Ranieri e Ferrara. Il mercato regala a Ciro una coppia di brasiliani che dovrebbe garantire il salto di qualità: Felipe Melo, che è reduce da un ottimo campionato con la Fiorentina, anche se ha collezionato qualche cartellino rosso di troppo: Diego, che è stato la punta di diamante del Werder Brema, che ha condotto alla conquista dell’Europa League. Ritorna anche Cannavaro, dopo due anni non certo brillanti a Madrid. Resistono i “senatori” (Buffon, Del Piero, Camoranesi e Trézéguet) che offrono ancora ottime garanzie. Ci si aspetta conferma dai giovani, come Marchisio, Giovinco e lo stesso De Ceglie.
Insomma il campionato che va a cominciare promette sogni di gloria. Purtroppo, saranno solo grandi delusioni. La Juventus, infatti, affronterà una delle più deludenti stagioni della propria storia. Anche l’arrivo di Zaccheroni al posto di Ferrara non cambierà le cose. Settimo posto in campionato, cocenti eliminazioni in Champions League, in Europa League ed anche in Coppa Italia. Per De Ceglie trenta presenze senza infamia e senza lode.
Insomma il campionato che va a cominciare promette sogni di gloria. Purtroppo, saranno solo grandi delusioni. La Juventus, infatti, affronterà una delle più deludenti stagioni della propria storia. Anche l’arrivo di Zaccheroni al posto di Ferrara non cambierà le cose. Settimo posto in campionato, cocenti eliminazioni in Champions League, in Europa League ed anche in Coppa Italia. Per De Ceglie trenta presenze senza infamia e senza lode.
La sorte gli è avversa l’anno successivo, perché Il 30 ottobre 2010 si frattura la rotula in uno scontro di gioco nella partita contro il Milan, infortunio che lo tiene fermo per tutto il resto della stagione che si conclude con l’ennesimo deludente settimo posto, nonostante la rivoluzione societaria e tecnica. Infatti, Andrea Agnelli, diventato presidente, Marotta e Paratici dirigenti e Delneri allenatore non riescono a invertire la tendenza negativa della squadra, nonostante una copiosa doppia campagna acquisti.
Ma l’estate del 2011 è quella della svolta per il sodalizio bianconero. Arriva Antonio Conte e, con lui e con acquisti mirati (Pirlo, Vidal, Vučinić e Lichtsteiner su tutti), la Juve ritorna ad essere quella squadra schiacciasassi che mancava da troppo tempo. Pure gli acquisti del disastroso anno precedente (Barzagli, Pepe, Quagliarella, Bonucci e Matri, per non tacere di Storari) trovano fiducia e smalto che pareva non possedessero. De Ceglie vince il suo primo scudetto e realizza anche la sua prima rete in Serie A, nel pareggio casalingo contro il Chievo, con un colpo di testa sottomisura, non certo la specialità della casa. Stagione positiva la sua, con ventitré presenze e buone prestazioni.
La Juve non si ferma più e le vittorie fioccano: la Supercoppa Italiana è conquistata schiantando il Napoli a Pechino, ma Paolo è costretto in panchina dall’arrivo di Asamoah, che Conte “inventa” esterno sinistro del suo 3-5-2. È una stagione in chiaro-scuro per De Ceglie, il valdostano ha pochissime possibilità di mettersi in mostra, perché le prestazioni del ghanese sono strabilianti e diventa una “mission impossibile” togliergli il posto. Diciotto presenze solamente e, comunque sia, la soddisfazione di vincere il suo secondo scudetto.
Non va meglio il campionato successivo. Conte non ha più fiducia nel “cavallone” valdostano e Paolo viene dirottato a Genova (sponda rossoblu) nel mercato di gennaio. Terminata la stagione torna a Torino, ma non c’è nemmeno il tempo di disfare le valige, perché sale sul treno che lo porta a Parma, per un altro prestito. Gennaio 2015, nuovo ritorno in bianconero: sulla panchina juventina siede Massimiliano Allegri, ma la musica non cambia. Schierato titolare contro il Palermo il 14 marzo, rivede il campo solamente il 9 maggio, come subentrato, nella festa allo Stadium contro il Cagliari.
Due presenze che gli permettono di fregiarsi del nuovo tricolore ma la sensazione che l’avventura sia finita è grande. Tanto è vero che nella stessa estate è nuovamente in partenza, destinazione Marsiglia, nell’operazione che porta Lemina in bianconero.
Due presenze che gli permettono di fregiarsi del nuovo tricolore ma la sensazione che l’avventura sia finita è grande. Tanto è vero che nella stessa estate è nuovamente in partenza, destinazione Marsiglia, nell’operazione che porta Lemina in bianconero.
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