Daniel Fonseca è nostro! – sentenzia Marco Monassero su “Hurrà Juventus” del luglio 1997 – Daniel scende nella fossa dei leoni, pardon… dei campioni. L’uruguayano dal sinistro magico sostituisce Christian Vieri nell’organico delle punte bianconere.
Marcello Lippi è soddisfatto. Il nostro fortissimo allenatore è convinto di ripetere, con Pecchia e Fonseca, l’operazione già vincente che gli è riuscita con Ferrara e Montero, suoi giocatori al Napoli e all’Atalanta e poi colonne portanti della Juventus mondiale. Pecchia e Fonseca, infatti, sono stati alle sue dipendenze nel bellissimo Napoli della stagione 1993-94, giunto a qualificarsi per la Coppa Uefa grazie appunto al lucido lavoro del giovane centrocampista e ai gol dell’uruguayano, il quale, al termine di quel campionato, ebbe una valutazione allora da capogiro: 16 miliardi. Tanto infatti lo pagò la Roma che poi non ha saputo sfruttare in pieno le grandi qualità balistiche del ragazzo di Montevideo, specialmente con Carlitos Bianchi che forse ha pagato con l’allontanamento dall’Italia anche il fatto di non aver creduto nell’attaccante uruguayano e di avergli creato nella capitale una situazione di assoluto disagio tecnico.
«Per rendere al massimo – dice adesso Fonseca – io ho bisogno, come tutti del resto, di avere un allenatore che crede in me. Quando trovo il mister giusto, sono pronto a buttarmi nel fuoco e le cose anche più difficili mi diventano naturali».
– Lippi, dunque, è il mister che fa per lei. «Appunto. Nessuno è bravo come Lippi che ti tratta da giocatore, ma soprattutto da uomo. Con lui non puoi sbagliare davvero perché è anche capace di difenderti in tutte le circostanze».
– Alla Juve, però, non è detto che lei parta da titolare. «Lo so bene. La Juventus è la squadra più forte del mondo e ha giocatori straordinari. Ma ha anche un calendario fittissimo e quindi ha bisogno di una rosa molto vasta. Alla fine, vedrete, ci sarà spazio per tutti. L’importante, comunque, è sentirsi “titolare” anche se vai in panchina. Con Lippi sono certo che sarà così e quindi sono felice».
– Felice anche di ritrovare Montero. «Certo, Paolo è un leader, un gran amico e un grande giocatore. A Montevideo sono fieri di lui che è diventato campione del mondo. Spero, un giorno abbastanza vicino, di ottenere i medesimi risultati. Sia chiaro, comunque, che ricorderò sempre gli amici di Roma».
– Le dispiace così tanto lasciarli? «Io quando lascio una squadra e una città mi porto sempre dietro tutti gli affetti che ho maturato in campo e fuori. I miei distacchi non sono mai traumatici. Se non fosse intervenuta la Juventus mai e poi mai avrei accettato di fare trasloco. Al presidente Sensi, che ringrazio, avevo detto: “O la Juve o niente”. Adesso sono pronto a ripagare la fiducia che Lippi e i dirigenti bianconeri hanno avuto in me. Tra non molto, vedrete, farò grande amicizia anche coi tifosi».
– A suon di gol? «Con i gol e con un comportamento esemplare».
– Quanti gol? «Spero tantissimi».
Daniel Fonseca, facendo questa promessa, non bara di certo. Nel nostro campionato ha finora totalizzato 173 presenze e 69 reti, un bottino che lo colloca al settimo posto nella classifica generale dei bomber stranieri arrivati in Italia dopo l’ultima riapertura delle frontiere (1980). Meglio di lui hanno fatto soltanto Balbo, Van Basten, Batistuta, Maradona, Sousa e Careca.
Daniel assolve al meglio il compito di prima riserva degli attaccanti titolari, mettendo al servizio del collettivo il suo scatto proditorio e il suo tiro tagliente, micidiale sui calci piazzati.
Davanti, la coppia Inzaghi-Del Piero è quanto di meglio il nostro calcio sappia esprimere, ma la Juventus ha spesso bisogno del suo estro e della sua rapidità sotto porta. La stagione che si annuncia fitta di impegni, si mette presto bene anche per lui. E il 9 novembre 1997, proprio un suo guizzo nel finale permette alla Juventus di superare di stretta misura un Napoli orgoglioso e per nulla arrendevole.
Rotto il ghiaccio, comincia il suo momento buono: a bersaglio in dicembre contro il Piacenza, anche la Sampdoria è costretta a scontrarsi contro la voglia di gol di questo attaccante non convenzionale, che trova il modo di metterla dentro proprio quando meno te lo aspetti. Non è un caso che proprio la rete che sigilla matematicamente lo scudetto, il 16 maggio 1998, porti ancora la sua firma. 15 presenze e 4 gol: la conferma è scontata.
Fonseca mette il suo sigillo nei momenti critici della travagliata stagione successiva. Comincia col piede giusto segnando a Perugia e, il 6 gennaio 1999, confeziona al Milan, nel match di San Siro, un gol di rapinosa bellezza che permette ai bianconeri di lasciare imbattuti lo stadio milanese. Nella delicatissima fase centrale della stagione, sono ancora le sue reti a tenere la barca bianconera sulla linea di galleggiamento: uno al Venezia, uno al Perugia, e ancora al Parma e all’Udinese. Per Fonseca è un anno di assoluto rilievo, con 25 partite e 6 reti.
Giocherà ancora frammenti di partita nel 2001, dopo altri gravi infortuni che ne abbreviano oltremodo la carriera. Con 70 partite e 18 reti, un posto nel ricordo dei tifosi bianconeri se lo è, comunque, meritato.
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