Poi il passaggio all’Atalanta dove c’era un dirigente, il dottor Brolis che ha l’occhio fino anche in fatto di calciatori dopo i Domenghini e i Pizzaballa vari, Brolis ha stornato anche Marchetti che in cinque anni di maglia nerazzurra è diventato calcisticamente maturo, pronto al gran salto come in effetti avvenne. Con Gianpietro giocavano altri ragazzini. ì fratelli Savoldi, un certo Novellini, un tale Zaniboni Tutti parlavano di calcio dal mattino alla sera. Marchetti cercava anche di affondarsi sui libri di scuola, frequentava le magistrali, si sentiva ormai un maestrino. Invece quando il diploma era a portata di mano, dovette dare forfait: i ritiri con la squadra gli ponevano una difficile alternativa o andare a scuola e rinunciare al calcio per una stagione, oppure rinunciare al diploma. Meditò a lungo poi si decise per il football che in quel momento gli prospettava un avvenire sicuro ricco di soddisfazioni.
Da allora la sua carriera è stata un crescendo: l’esordio in A con la maglia dell’Atalanta il primo premio alla sua costanza di atleta. «Resta il mio ricordo più bello, una data che non potrò dimenticare. Fu il 28 maggio del 1967. Vincemmo 4-1, e avevo 17 anni. Per un calciatore l’esordio in A resta indubbiamente la giornata più emozionante, quella degna di essere messa nell’angolo principale del cervello. Per me almeno. Vincemmo e cominciarono a guardarmi con maggiore attenzione, i dirigenti e gli sportivi. Insomma, diventai Marchetti, non più uno dei tanti giovincelli del vivaio bergamasco».
Una partita in A nella prima stagione, 5 in quella successiva poi il trasferimento al Lecco dove Marchetti poté esprimere tutte le sue caratteristiche di calciatore e di atleta che vuole sempre dire l’ultima parola quando si discute in campo con la palla.
Fu quasi sempre presente, segnò 3 gol, divenne uno dei pezzi pregiati della squadra, Lui non sa come fatto sta che un giorno gli dissero: «Sei della Juventus». L’aveva già letto su qualche giornale ma pensava alle solite voci della campagna acquisti. Invece era vero.
Torino fece un po’ paura al ragazzo di Rudiano. «All’inizio ero un po’ titubante. Oltretutto facevo il servizio militare, a Torino capitavo di rado, non mi era facile ambientarmi, non conoscevo quasi nessuno. Poi finito il militare, anch’io ho “scoperto” Torino, i suoi viali, le sue strade, i suoi abitanti e mi sono fatto molti amici».
Il suo esordio, il 16 novembre 1969, avviene in una Juventus in crisi di fiducia e, per di più, priva di parecchi titolari; la squadra bianconera è attesa da una durissima trasferta sul campo della capolista, il grande Cagliari di Scopigno e Gigi Riva. Rabitti, l’allenatore delle giovanili bianconere promosso al timone della prima squadra dopo l’esonero di Carniglia, non ha scelta e concede piena fiducia ai giovani. Per due di loro si tratta di esordio assoluto in bianconero. Sono Antonello Cuccureddu e, appunto, Marchetti.
Vale la pena di ricordare la formazione di quel giorno, scesa allo stadio Amsicora con il disperato obiettivo di strappare un risultato utile. In porta Tancredi; terzini Salvadore e Furino; in mediana Marchetti, Morini e Castano; in avanti Leonardi, Del Sol, Haller, Cuccureddu e Favalli. Una partita memorabile che segna la svolta della fin lì grigia stagione bianconera; sotto di un goal segnato da Domenghini, all’inizio della ripresa, la Juventus riesce a pareggiare in extremis, grazie ad una gran legnata da fuori area di Cuccureddu da Alghero, eroe della giornata.
Gli elogi, gli applausi e le interviste vanno tutte al tamburino sardo, giustamente; peccato, però, che in pochi si ricordino di Marchetti, che ha fatto la sua parte con estrema diligenza, meritandosi i complimenti speciali dell’allenatore.
Fortunato per il positivo debutto, nel giorno del rilancio, Marchetti ha, però, la sfortuna di ritrovare in Cuccureddu, un concorrente alla maglia di titolare, nell’unico ruolo disponibile, quello di mediano. Con Cuccureddu in campo e Marchetti in panchina e più spesso in tribuna, il campionato continua, all’insegna di una Juventus tornata protagonista e più che mai in lizza, assieme al Cagliari e all’Inter, per la conquista dello scudetto.
Marchetti trova nuovamente spazio e gloria contro la Lazio e il Brescia, in dicembre; contro il Verona si segnala, nella giornata del gran rilancio di Anastasi in veste di cannoniere, come marcatore energico e tempestivo. Poi, dopo una lunga assenza, rientra in squadra contro il Brescia, in aprile, ma è sfortunatissimo: all’inizio della ripresa si infortuna seriamente e chiude, in questo modo, la stagione.
«Ricordo la gara con il Brescia quando mi portarono fuori in barella e poi mi ingessarono un piede. Più che l’incidente in se stesso, mi diede i brividi il fatto di essere portato fuori dal campo con questo arnese. Mi vennero alla mente analoghi episodi di calciatori rovinati da un calcio: in quel momento sudai freddo. Poi quando conobbi l’entità del mio incidente, sorrisi a quei tetri pensieri».
La vera carriera bianconera di Gianpietro deve, quindi, ancora iniziare. Nell’estate del 1970, alle molte partenze si contrappongano arrivi importanti; talenti giovani e giovanissimi, chiamati a costituire una formazione in grado di durare a lungo ai vertici dei valori nazionali. Marchetti, confermatissimo, trova subito spazio, sfruttando al meglio le sue doti di jolly, utilizzabile tanto in difesa quanto a sostegno del centrocampo.
A Catania, nella partita inaugurale del torneo, Armando Picchi, nuovo Mister bianconero, lo schiera mezzala e, con la maglia numero dieci, gioca le prime gare della stagione. In seguito, retrocede a mediano prima e a terzino poi, trovando con il numero tre e in tandem con Luciano Spinosi, la sua definitiva e completa valorizzazione. La stagione bianconera conosce progressive affermazioni man mano che i giovani trovano amalgama e convinzione nei propri mezzi.
Da un’ibrida posizione di centro classifica, la Juventus risale pian piano la graduatoria, diventando l’immediata inseguitrice alle milanesi e al Napoli. Marchetti, sin qui diligente comprimario e ottimo marcatore, diventa protagonista anche in zona goal, segnando reti decisive al Vicenza in trasferta e all’Inter, prossima a laurearsi campione, al Comunale. In entrambi i casi, il terzino realizza con perentorie conclusioni dalla distanza, rivelando una potenza di tiro e una precisione davvero notevoli.
Termina la stagione con un bottino niente male, ventitré presenze in campionato e due goal, oltre ad una manciata di gettoni in Coppa delle Fiere e in Coppa Italia. Le prime, sostanziose conquiste sono alle porte.
La stagione 1971-72 è quella dei ricordi più lieti, delle soddisfazioni più attese e sofferte. Vycpálek allenatore, Carmignani portiere è l’unica novità di rilievo di un organico confermatissimo e motivatissimo. La zazzera bionda di Marchetti cresce come i sogni dei tifosi; si fa festa a Villar Perosa al raduno, per la squadra nuova del campionato, cui tutti guardano con rispetto, se non con paura.
La Juventus inizia alla grande ed è subito spettacolo di folla e di goal: il Catanzaro è travolto da una girandola di reti, Bettega-Anastasi è tandem già leggendario, si assaporano entusiasmi nuovi cioè antichi. Carmignani, Spinosi e Marchetti compongono il trio difensivo, giovane ma tenace, magari qualche volta distratto, ma tremendamente forte e ben amalgamato.
Le incursioni di Marchetti, sulla fascia sinistra, anticipano concezioni affatto moderne, si scambiano i ruoli di marcatore e di cursore fluidificante, nasce il monumentale Furino. Gianpietro merita tutti gli elogi, il suo rendimento è continuo, diventa è una garanzia.
La partita in cui molto del destino della Juventus si decide, lo vede tra i protagonisti principali. È una buia e piovosissima domenica di marzo, si gioca Juventus-Bologna in un Comunale intristito dalla poca luce e dal molto fango. Si combatte come alla guerra, in trincee che sono poi le aree di rigore. La squadra emiliana gioca una grandissima partita e imbriglia la Juventus nei suoi stessi schemi, prigioniera di un terreno infame che non da spazio alla poesia dei suoi solisti. Segna proprio la squadra felsinea, con quel furetto anziano di nome Perani e questo complica tremendamente tutto. Poi, a metà ripresa, pareggia in una mischia furibonda Pietruzzo Anastasi, ma non basta, non basta proprio.
Ci vogliono i due punti, Milan, Torino e Cagliari incombono in classifica e stanno vincendo le loro partite. Nella battaglia sempre più dura si vede a un certo punto fiondare dalla distanza uno che, coperto com’è dal fango, si riconosce a mala pena. Marchetti trova, non si sa come, lo spiraglio tra una ventina di gambe e segna il goal più importante e drammatico del campionato.
La Juventus vince, perderà il derby, ma saprà poi rimettersi in carreggiata taglierà il traguardo per prima, con una lunghezza su Torino, Milan e Cagliari. Ventinove presenze per Marchetti, oramai perno della squadra e compagno inseparabile di linea con Spinosi il Romanaccio. La Nazionale che va a giugno nei Balcani darà spazio e gloria a entrambi. La maglia azzurra è il premio giusto, strameritato, per un ragazzo al termine della sua stagione più bella.
Non cambia molto per la stagione 1972-73, ma quel poco è importante: arriva Zoff, e la terna difensiva, tutta da Nazionale, diventa Zoff, Spinosi e Marchetti. E arriva Altafini, un pezzo di leggenda del pallone con ancora tanti goal da segnare. Per Marchetti è un’altra stagione esaltante, con un avvio non eccezionale e un pronto inseguimento coronato dal più clamoroso dei successi. Tra l’altro, è la stagione che consente a Zoff di stabilire un nuovo prestigioso record di imbattibilità in campionato, con ben 904 minuti senza subire reti: merito del portierone, naturalmente, ma anche dei compagni della difesa, Marchetti non in secondo luogo.
A ventiquattro anni, Gianpietro è un giocatore completo, agonisticamente sempre su livelli eccellenti e in grado di recitare un ruolo di primo piano anche in fase di impostazione del gioco. A San Siro, contro il Milan, Marchetti torna al goal in modo a dir poco clamoroso, con una sventola da posizione impossibile che non lascia scampo al portiere rossonero e consente alla Juventus di lasciare imbattuta la roccaforte milanista. Nel finale di stagione, poi, in una squadra arrembante alla ricerca del primo posto, il dinamismo e la grinta di Marchetti si rivelano determinanti. A Bergamo, segna la rete della sicurezza per la squadra bianconera, che, approfittando del pareggio dei Milan a Torino con i granata, rosicchia un punto prezioso alla rivale.
Sette giorni più tardi, a Torino, lo stesso Marchetti segna all’Inter la prima rete, poi raddoppiata da Altafini, ipotecando un successo prezioso e bene augurante in vista dell’ultima decisiva partita, a Roma contro i giallorossi. Superfluo ricordare l’esaltante vittoria, con relativo sorpasso scudetto ai danni del Milan. Per Marchetti, le cifre dicono quasi tutto: è stato presente ventotto volte su trenta, segnando tre goal. È un’altra annata da incorniciare.
Purtroppo, la stagione successiva non consente al terzino di ripetersi sui suoi livelli oramai abituali. Qualche infortunio, qualche partita giocata non al meglio della condizione e la concorrenza di altri giovani di valore, come Longobucco, Gentile e lo stesso Cuccureddu, talora utilizzato da terzino, riducono le apparizioni e quindi il contributo di Gianpietro alla causa juventina. La Juventus, per di più, inciampa spesso in ostacoli non insormontabili e alla fine della stagione, chiusa comunque al secondo posto, molte novità sono nell’aria. Marchetti è tra i partenti. È un commiato triste, ma la legge del calcio è ferrea e soggiacervi è inevitabile.
Dopo cinque stagioni, Marchetti merita di diritto un posto di primo piano nella galleria dei personaggi che hanno fatto grande e talora grandissima la Juventus dei primi anni Settanta.
4 commenti:
ho appena avuto l autografo di questo grande giocatore juventino, Marchetti!!! GRAZIE
mi piacerebbe sapere cosa fa adesso, non interviene mai a trasmissioni che parlano di calcio? E neppure Spinosi che giocava con lui....
Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di giocarci insieme e contro in gioventù e di frequentare la stessa scuola superiore.
Lo ricordo sempre con affetto ed ammirazione: era un ragazzo umile, semplice, buono e generoso.
Un insegnante mancato, ma un grande giocatore che avrebbe meritato anche di più. Nicola
La stagione 72/73,è stata l'unica stagione in cui ho fatto con mio papà, l abbonamento alla Juventus,esclusivamente perché ,dodicenne, ero innamorata di Marchetti,che abitava al centro Europa vicino alla mia scuola.media..aspettavo sotto casa sua x vederlo tornare dagli allenamenti, mi facevo fare autografi con dedica,e lui paziente mi sopportava,mentre Spinosi si scocciava,lo ricordo come un bravissimo ragazzo,sempre gentile...ora vedo mia nipote di 10 anni innamorata di Tananai e sorridendo ricordo come anch'io sognavo di sposarmi da grande con il mio idolo...ed è un bellissimo ricordo la sua disponibilità nel sopportare la mia invadenza...un abbraccio al mio antico eroe....
Posta un commento