Nato a Vescovato (Cremona), il 17 ottobre del 1924, iniziò la carriera nella Cremonese; passò, poi, all’Atalanta all’inizio della stagione 1946-47, dove riuscì a imporre il suo nome all’attenzione dei tecnici e ottenere la convocazione per le Olimpiadi di Londra del 1948. La Juventus, protesa a rinverdire gli allori del passato e a ripetere le prodezze del quinquennio, decise di acquistarlo, insieme a Piccinini. Il compito dei due mediani era fra i più difficili: dovevano sostituire il tandem Depetrini-Locatelli, oramai declinante, ma che aveva lasciato un’impronta indelebile nel gioco della Juventus; poche partite furono sufficienti a Mari e a Piccinini per sgombrare il campo da ogni dubbio. La Juventus, edizione 1949-50, formato “WM”, la prima Juventus voluta dall’avvocato Gianni Agnelli, aveva trovato, con un colpo fortunato, la sua naturale propulsione a centrocampo.La grande grinta della difesa (Viola, Bertuccelli, Manente), ma di più le voglie sfolgoranti del centrocampo, l’esplosività di John Hansen, il felpato tocco creativo di Rinaldo Martino, i rilanci di Piccinini per gli scatti possessivi di Præst e i goal puntuali del terribile Boniperti, che dai cross di Muccinelli riceveva costante ispirazione, si equilibravano nel lavoro fondamentale, quanto oscuro di Mari.
Quando Parola si sganciava, retrocedeva sul centravanti; in generale assolveva al ruolo di marcatore ma era il suo senso della posizione, il suo altruismo a maniche rimboccate, la sua duttilità nel coprire ogni spazio scoperto, a farne l’elemento più veloce e prezioso di quella grandissima squadra, considerata una delle più forti di ogni epoca.
Giocatore inesauribile, pur non toccando vertici sublimi di tecnica pura, Mari interpretò il compito del mediano laterale in maniera ottimale; forte nell’interdizione e nel gioco aereo, abilissimo nel rilancio, sfruttava l’ottima condizione atletica, per inserirsi sempre con profitto nel perfetto gioco della Juventus. Nel 1950, Giacomo esordiva in azzurro contro l’Austria, a Vienna e, in quell’occasione, l’Italia schierò la mediana juventina al completo (Mari, Parola e Piccinini). Selezionato per i Mondiali del 1950, Giacomo giocò contro il Paraguay la seconda gara di qualificazione. Nel 1952, a Firenze contro l’Inghilterra, Mari era ancora in campo con Ferrario e Piccinini, ad affermare la superiorità della Juventus in campo nazionale.
Mari lasciò la Juventus all’inizio della stagione 1953-54, dopo aver vestito per 133 volte la casacca bianconera e aver segnato nove goal.
Fu scambiato con Oppezzo e passò alla Sampdoria; sembrava finito, disputò delle ottime stagioni nella Sampdoria, prima, e nel Padova di Rocco, poi, tanto da meritarsi la convocazione per i Mondiali svizzeri del 1954.
VLADIMIRO CAMINITI
Il giorno prima che compisse sessantasette anni, lasciava questa terra anche Giacomo Mari, un “half” di grinta e di spinta della Juventus creata da Gianni Agnelli presidente, perché andasse a colmare i vuoti lasciati dal Grande Torino. Un “half” destinato al lavoro di faticatore, per compensare ai disguidi tattici inevitabili in uno squadrone pieno di fuoriclasse giovani indigeni e foresti. Prima che Agnelli li acquistasse, Mari non conosceva Piccinini, non ci aveva mai giocato insieme; né conosceva i due danesi; però si mise al servizio del gruppo con quella modestia e il sempiterno garbo che ne fecero per tre campionati di gloria assoluta, inframmezzati da pochissime delusioni (un 1-7 in casa, dal Milan, nel primo; la riscossa del celebre GRE-NO-LI nel secondo, superati anche dall’Inter; ma nel terzo, con Karl Aage Hansen aggiunto agli altri due, fu ancora scudetto) l’implacabile custode del fortino bianconero. Quella Juventus viaggiava l’Italia in un pullman che ai ragazzi sembrava d’argento; ma d’oro erano le sue vittorie; che arricchirono di felicità l’Avvocato giovane.
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