sabato 27 dicembre 2025

PISA – JUVENTUS

 

4 dicembre 1988 – Stadio Arena Garibaldi di Pisa
PISA-JUVENTUS 1-4
Pisa: Nista; Cavallo, Lucarelli; Faccenda, Tonini, Fiorentini (dal 6’ Brandani); Bernazzani, Gazzaneo (dal 46’ Dolcetti), Incocciati, Been, Severeyns. In panchina: Grudina, Dianda, Piovanelli. Allenatore: Bolchi.
Juventus: Tacconi; Favero, Cabrini; Galia, Brio, Tricella; Marocchi, Rui Barros, Altobelli (dal 79’ Buso), Mauro, Laudrup (dal 79’ Magrin). A disposizione: Bodini, Bruno, Napoli. Allenatore: Zoff.
Arbitro: Pezzella di Frattamaggiore.
Marcatori: Rui Barros al 4’, Altobelli al 33’, Laudrup al 46’, Cabrini su rigore all’81’, Been su rigore all’85’.

Estate 1988: Scaduto il contratto con Marchesi, Dino Zoff torna in casa bianconera assumendo la guida tecnica della squadra. Il suo secondo è Gaetano Scirea, che ha appena appeso gli scarpini al chiodo. Se ne vanno Bonetti, Rush (che ritorna nella sua Liverpool), Vignola e, con le liste suppletive, anche Alessio e Bonini, direzione Bologna. Arrivano Spillo Altobelli, il portoghese tascabile Rui Barros, gli affidabilissimi Galia e Marocchi, Ma il colpo a sorpresa è l’acquisto di Oleksandr Zavarov, primo calciatore sovietico a disputare il campionato italiano.
È questa una stagione ancora interlocutoria condizionata dal difficile inserimento di alcuni nuovi acquisti (il sovietico su tutti), che vede una precoce esclusione dalla Coppa Italia già nel girone eliminatorio. Tutto il corso del campionato è caratterizzato da brillanti prove (come la vittoria al San Paolo di Napoli per 4-2) intramezzate da scialbe prestazioni e inaspettate sconfitte, una su tutte quella di San Siro contro il Milan per 0-4. Le soddisfazioni arrivano da Rui Barros: il portoghese, grazie alla sua terrificante velocità, è una vera e propria maledizione per le difese avversarie, che non riescono ad arginarlo. Anche la conferma del giovanissimo Buso restituisce il sorriso alla squadra bianconera. Il ragazzino, infatti, ben presto soffia il posto ad Altobelli, che si spegne lentamente dopo un buon girone di andata.
Il cammino in Coppa Uefa, iniziato e proseguito sotto buoni auspici determinati dagli ottimi risultati ottenuti, è bruscamente interrotto nella gara di ritorno dei quarti di finale, che vede i bianconeri sconfitti a Napoli in un confronto che pone di fronte due squadre italiane.
La stagione si conclude con il quarto posto in campionato che consente alla Juventus di misurarsi ancora il successivo anno, a livello europeo, nella Coppa Uefa.

MASSIMO GRAMELLINI, DA “STAMPASERA”.
Con Zavarov o senza, che differenza fa? Mentre le altre «grandi» condizionano i loro destini alla presenza in campo del «padrino straniero, si chiami Gullit o Maradona, la Juve non dipende dagli estri dell’asso ucraino, spesso vince, talvolta perde, ma sempre – come direbbe Totò – a prescindere. Il segreto di Madama ha la faccia simpatica e insolente di Massimo Mauro, che chiamare riserva sembra quasi un insulto. «Ho giocato bene, eh?», esordisce. Felice ma apprensivo, desideroso di approvazione come un bimbo che presenta la pagella piena di «otto» ai genitori e ne attende l’immancabile plauso. «Ho promesso ai miei amici di Torino che sin quando resterò un “panchinaro”, non sbaglierò mai una partita. Ogni volta che mi chiameranno cercherò di fare meraviglie. Semmai, il giorno che dovessi tornare titolare fisso, potrei anche sbagliare qualcosa. Ma solo allora…». Dino Zoff, poco distante, sta deglutendo con più frequenza del solito, alle prese con una domanda cui non vuole rispondere, forse perché non può, forse perché nemmeno lui sa: «Certo. Qui, con o senza Zavarov, andiamo alla grande. Prima eravamo troppo frenetici, ma adesso ho convinto i giocatori a ragionare di più e i risultati si vedono. Che devo dirvi? Adesso le scelte diventano sempre più difficili». Mauro ha conquistato anche lui, ma in dodici a calcio non si gioca, a meno di infilare Rui Barros nel taschino di Brio. «No, in dodici non si gioca», continua a mormorare Dino e Dio sa cosa non farebbe per dare una ritoccatina al regolamento. Mauro, lui cammina sull’orlo della polemica, ma è troppo intelligente per cadere nel precipizio: «Capisco Zoff e la società. Non sto bluffando, dico sul serio. Non per fare il buon samaritano, sia chiaro. Ma bisogna accettare la realtà». Una realtà, comunque, che non riesce a digerire: «La situazione non mi soddisfa molto. Però la accetto». Siamo sempre al «non capisco, ma mi adeguo» di ferriniana memoria, ma Mauro lo condisce con un’osservazione che sa di rimpianto: «Pensate a quante altre squadre farebbe comodo avere una “riserva” come me…». Il poker di Pisa è un disinfettante che purifica ogni malumore. Anche Cabrini, che pure non è affatto sicuro di aver riconquistato un posto che De Agostini prima o poi tornerà a reclamare, usa parole dolci, imbevute di umiltà: «Non sono né un eroe né il salvatore della patria juventina. Metto la mia esperienza al servizio del gruppo, nella speranza di poter servire ad esempio a qualcuno dei giovani. Non so quanto ci sia di mio in questa nuova Juve che da qualche settimana gioca meglio e prende pochi gol. Col passare del tempo la squadra sta trovando l’assetto migliore. E poi si sa che fuori casa siamo molto più bravi e sicuri che a Torino». «È stata la miglior Juve della stagione. Tranquilli in difesa, solidi a centrocampo, veloci e aggressivi in attacco: meglio di così davvero non si può – Michelino Laudrup, appoggiato allo stipite di una porta, muove freneticamente le labbra sottili, piegate in una smorfia finalmente distesa – qualcuno dirà: bella forza, avete fatto gol dopo pochi minuti. A quel punto diventa fin troppo facile giocare sul velluto. D’accordo, ma chi pensa queste cose dimentica un particolare importante: che per trovarsi in vantaggio bisogna, appunto, andare in vantaggio. Qualche merito, dunque, dobbiamo averlo pure noi. E poi, ricordatevi: la fortuna aiuta i forti. Per questo l’anno scorso noi ce l’avevamo sempre contro…».
La puntura di Spillo fa sobbalzare l’Avvocato sulla sedia. Gianni Agnelli scatta in piedi e appoggia le mani alla ringhiera, liberando un grido di felicità: «Buon Dio, che gol!». È da poco passata la mezz’ora del primo tempo e il Signor Fiat ha già visto abbastanza per potersi congratulare con l’intuito che lo ha spinto a un imprevisto blitz sulla costa tirrenica. Mai quest’anno Agnelli aveva seguito la Juve in trasferta. La sua decisione ha colto in contropiede un po’ tutti: a fame le spese è stato il povero arbitro Pezzella, che ha vanamente atteso davanti al suo albergo l’arrivo della vettura che doveva portarlo allo stadio. L’autista del Pisa, infatti, era stato repentinamente dirottato all’aeroporto, per prelevare l’augusto ospite di Anconetani. E Pezzella? Beh, si è dato da fare con il telefono per recuperare almeno un taxi, impresa non facile in questa città. Ma torniamo al breve e intenso pomeriggio calcistico di Agnelli. Preceduto di qualche minuto dal nipote Giovannino, l’Avvocato è sbucato sulla porta della tribuna di onore pochi attimi prima dell’inizio, con Boniperti a fargli da scorta. Attimi di panico: dove sistemare l’inatteso visitatore? Anconetani ha lavorato di braccia e di voce, impartendo ordini perentori, e pochi secondi dopo le poltrone più appartate del palco di onore già ospitavano i due illustri tifosi juventini. La rete di Altobelli ha funzionato come la pistola di uno starter: Boniperti e Agnelli, esauriti i festeggiamenti, si sono precipitati verso l’uscita, il presidente per raggiungere gli spogliatoi, l’Avvocato per riprendere la via dell’aeroporto, a bordo di una Thema Ferrari targata TO, materializzatasi come di incanto. Poche battute, a sorriso spiegato: «Complimenti al Pisa, farà un ottimo secondo tempo. Quando saremo da scudetto? Mah, a me pare che la Juve vada già bene così. Il gol di Altobelli è stato meraviglioso, stupendo. Peccato che non lo si possa ripetere». «Irripetibile? Si dice sempre così. Poi magari se ne vede un altro addirittura più bello e si cambia idea. Grazie, comunque, Avvocato. Lei sì che se ne intende». Altobelli finge di non dare troppa importanza alla sua prodezza, ma la commedia dura un attimo, il tempo di una risata, poi parte la felicità. «Quel che mi fa più piacere è che gol così io ne ho segnati da ragazzino, da giovane, da calciatore maturo e anche adesso, da matusa Vuoi dire che certi suoni sono nelle mie corde. Da sempre». È il suo secondo gol juventino in campionato: «Pochini, lo ammetto. Ma ne ho fatti fare tanti, non dimenticatelo. Comunque vi assicuro che il prossimo sarà forse meno bello, ma ancora più importante». Gli piacerebbe segnarlo domenica prossima, nel derby di Milano. «Quella partita mi mancherà, sarei un bugiardo a negarlo. Ma, in fondo, un derby lo avrò anche a Torino. Certo, giocarli tutti e due sarebbe davvero il massimo».

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