Ha la faccia da bambino – si legge sul sito gianlucadimarzio.com del 20 novembre 2016 – ma sembra comunque più grande della sua età. Somiglia a Balotelli. Ci somiglia davvero, Moise Kean. Sia fisicamente, più alto e più potente dei suoi pari età. Sia caratterialmente, così estroverso e incredibilmente determinato. Il ragazzo classe 2000 con origini ivoriane (ma italiano a tutti gli effetti!) è stato convocato da Massimiliano Allegri per la gara contro l’Udinese lo scorso 14 ottobre e oggi è il primo giocatore nato nel nuovo millennio ad aver esordito in Serie A. Che traguardo per Kean, dopo mesi di gol (cinque in cinque presenze questa stagione) e prestazioni più che convincenti con la Juventus Primavera. Merito di velocità, tecnica e forza che lo hanno sempre portato a fare la differenza nelle categorie in cui ha giocato.
Da Vercelli a Torino passando per Asti, dove Kean è cresciuto calcisticamente. La Juve lo nota e lo strappa al Torino perché vuole puntare su di lui. Dai Giovanissimi Nazionali di Gabetta agli Allievi Nazionali di Tufano, poi (a quindici anni) l’opportunità in Primavera. Altri passi in avanti in un percorso che l’ha visto bruciare le tappe e che ha convinto Fabio Grosso a convocarlo per la gara di Youth League contro il Manchester City, nel settembre 2015. Un regalo ma anche un tentativo di responsabilizzare sempre più un ragazzo con un carattere particolare, da far crescere giorno dopo giorno. Uno così non si può non notare, la Juve sa di avere in casa un piccolo gioiello su cui poter puntare per il futuro. E lo sa anche Grosso. I bianconeri allontanano le pretendenti e «lo consegnano» all’allenatore, che si mette in testa di farlo maturare e di limare anche quegli aspetti del carattere che in passato sono stati un limite.
Corsa, colpo di testa e tiro i suoi punti forti, tanto in bianconero quanto in Nazionale; oggi veste la maglia dell’Under-17, prima ha brillato con l’Under-15 e 16. Non c’è limite d’età che tenga, se sei abbastanza bravo sei anche abbastanza grande. Deve averlo pensato anche Allegri: «Un ragazzo bravetto, ma non è il solo della nostra Primavera». E pensare che non ha nemmeno un contratto da professionista! Attualmente è in vigore quello del settore giovanile (che vale fino ai diciannove anni) e non è prevista a breve la firma di un nuovo accordo. La Juventus e il suo entourage, però, stanno parlando: al centro delle discussioni c’è solo il meglio per Kean, che nei mesi scorsi non ha lasciato Torino in prestito per volontà di tutti, dalla società al padre del ragazzo. Una scelta giusta, numeri e rendimento lo confermano.
Ai suoi interessi ci pensa Mino Raiola. Un ulteriore punto di contatto con un’altra giovane stella come Donnarumma e con quel Balotelli che Moise ammira tanto. Studia lo stile di gioco di Mario (anche se lui è più prima punta), in passato ne ha anche imitato qualche celebre gesto. Come quando contro il Perugia realizzò una doppietta ed esultò mostrando la maglietta con scritto «Why always me?». Sempre lui quello che brucia le tappe, sempre lui il personaggio più affascinante. Quasi 14.000 followers su Instagram, dove condivide pezzi della sua vita tra foto e video. L’hip hop come colonna sonora di un cammino che l’ha portato all’esordio, questa sera allo Juventus Stadium. Ma è tutto normale per lui: «Non ho difficoltà a giocare con calciatori più grandi di me, sono abituato. Quello che mi importa è fare bene e segnare». Predestinato? Si vedrà. Intanto Kean ha vissuto la sua «prima» in A.
Dopo l’esordio nella vittoriosa partita contro il Pescara, Moise fa il debutto anche in Champions League, qualche giorno dopo, subentrando a Pjanic nel match contro il Siviglia giocato in Spagna. L’ultima giornata di campionato, a Bologna, ha la grandissima soddisfazione di segnare la sua prima rete juventina, con un bel colpo di testa sottorete. Le sue emozioni raccontate a JTV: «Sono molto contento, anche perché è il primo gol, sono stato fortunato, sono veramente contento. È il sogno di tutti i ragazzi di diciassette anni far gol con la Juve, con la maglia della Juventus, con una maglia così importante. Quindi sono veramente contento, è solo l’inizio. Però c’è da lavorare, perché secondo me questo è solo l’inizio. Dai giocatori della Prima Squadra ho imparato tanto perché stare vicino a loro è una fortuna proprio grande, è veramente bello perché mi hanno aiutato, con la testa giusta a non mollare mai, è stata veramente una cosa bella. Dedico questo gol a mia madre, alla mia famiglia, perché secondo me non ci crede neanche lei che ho segnato».
Kean viene prestato al Verona, neo promosso in Serie A. Termina la stagione, che vede la retrocessione della squadra scaligera in Serie B, con diciannove presenze e quattro gol in campionato.
Nell’estate 2018 fa ritorno alla Juventus. Inizialmente impiegato marginalmente, trova il primo gol il 12 gennaio 2019, alla prima da titolare, siglando il definitivo 2-0 nella gara di Coppa Italia vinta sul campo del Bologna. Da qui in poi si ritaglia sempre più spazio, e con tredici presenze e sei gol nella seconda metà di campionato (tra cui la sua prima doppietta in maglia bianconera, nella vittoriosa sfida interna dell’8 marzo 2019 contro l’Udinese e la rete che il 6 aprile decide la classica contro il Milan) emerge quale maggiore rivelazione stagionale della squadra juventina, dando un contributo importante nella vittoria dello scudetto, il secondo per Kean.
MARINA SALVETTI, DA TUTTOSPORT.COM DEL 25 MARZO 2019
«Era felice, felicissimo. Mi ha chiamato stamattina (ieri, ndr), ancora frastornato dal debutto, dal gol. Io che cosa gli ho detto? Che è stato grandissimo, di continuare così, di ascoltare sempre l’allenatore e i compagni più grandi». Parla con un evidente inflessione francese la signora Isabelle, mamma di Moise Kean, il Millennial che ha conquistato l’Italia ed è in rampa di lancio per prendersi la Juventus, l’Europa e il mondo. «Per una mamma è una grande soddisfazione vedere che lui ce l’ha fatta, che ha raggiunto livelli così alti, mai me lo sarei immaginato, soprattutto pensando da dove siamo arrivati».
– Signora Isabelle, quando è arrivata in Italia dalla Costa d’Avorio? «Nel 1990, a Vercelli, dove sono nati i miei figli, Giovanni nel 1993 e Mosè nel 2000. Sa perché noi il piccolo di casa lo chiamiamo così?».
– No, ce lo spieghi lei... «Perché la sua nascita è stata un miracolo. I dottori mi avevano detto che non avrei potuto avere altri figli, io piangevo e pregavo. Anche Giovanni mi chiedeva un fratellino. Una notte ho sognato Mosè, era venuto per aiutarmi e dopo quattro mesi sono rimasta di nuovo incinta».
– Poi si è separata dal marito e ha mantenuto lei i suoi figli. «Sì, quando Mosè aveva quattro anni ci siamo trasferiti ad Asti e ho trovato lavoro in una casa per anziani. Facevo il turno di notte, in casa restava il figlio del mio ex-marito, che è più grande, e guardava Giovanni e Mosè. Non potevo fare altrimenti, ma in casa di soldi ne entravano pochi. Andavo anche dalle suore, che mi davano del cibo. Poi ho fatto il corso da infermiera generica e per quindici anni ho lavorato in una comunità riabilitativa. Non è stato facile, ma il successo di Moise mi ripaga di tutti i sacrifici».
– Che regalo le ha fatto Moise dopo aver firmato il suo prima contratto da professionista con la Juventus? «Mi ha chiamato alle cinque e mezza di notte, io stavo andando al lavoro a Nizza Monferrato. Mi sono spaventata, pensavo che gli fosse successo qualcosa. Invece mi dice “mamma, c’è una sorpresa per te”, io gli ho risposto “non dirmi che non hai firmato con la Juve”. E lui “no, mamma, ho firmato e tu da oggi non lavori più e vieni a vivere a Torino con me”».
– Invece come nasce la danza dopo il gol? «Beh, Mosè balla e canta, gli piace tantissimo. In casa si sfoga così ed è pure bravo. Ma non è l’unica cosa che fa».
– Che cos’altro fa? «Lui gioca a pallone anche in casa».
– Ma anche adesso che è «grande»? «Anche adesso: dategli un pallone e lo rendete felice. È instancabile: anche dopo un giorno di allenamento, torna a casa e la prima cosa che fa è quella di palleggiare».
MICHAEL CRISCI, JUVENTIBUS 30 LUGLIO 2019
Moise Kean lascia la Juventus. Il classe 2000 è la prima vera operazione in uscita della finestra di mercato attuale. Può far storcere il naso che a lasciare per primo sia il più giovane, nonostante anche le altre punte centrali (Higuain, Mandzukic, Dybala) siano sul mercato. Vi è sicuramente la mano di Raiola, che nel giorno della presentazione di de Ligt aveva affermato quanto Kean fosse «come De Ligt». L’attaccante di Vercelli è anche un pupillo del CT Roberto Mancini, e ha bisogno di un minutaggio che forse Sarri non avrebbe potuto garantirgli.
Moise andrà in Premier per quaranta milioni, bonus compresi (secondo millennial più pagato della storia dopo Vinicius), e andrà a percepire tre milioni netti l’anno. Lascia Torino dopo un finale di stagione eccellente, solo leggermente macchiato dal ritardo in Under-21. La Juve non ne ha voluto perdere definitivamente il controllo, e quindi si è tenuta una prelazione; sarà il primo club che verrà interpellato, qualora l’Everton decidesse di venderlo (anche se il prezzo verrà deciso dagli inglesi).
Una soluzione ideale per la Juve, che incamererà una plusvalenza necessaria, e potrà assistere nei prossimi anni alla crescita del ragazzo; se Kean dimostrerà le sue potenzialità, la Juve si attiverà per riportarlo a casa e, se ne varrà la pena, investirà una cifra importante. Una situazione win-win, ma anche la conferma che la Juve non è terra di giovanissimi, a meno che questi non vengano pagati settantacinque milioni.
Se ne va dunque un ragazzo che per almeno un mese, ha fatto sognare l’immaginario collettivo del tifo bianconero; dopo anni di magra, la soddisfazione di aver tirato su qualcuno di buono dal proprio vivaio, stimolava la fantasia dei tifosi. Ad esempio la sua corsa verso Oblak durante la gara con l’Atletico, quando tutti abbiamo corso con lui. Probabilmente se avessimo potuto, avremmo volentieri scambiato il suo gol col rigore al cardiopalma di Ronaldo. E che dire di quei quarantacinque minuti contro l’Ajax, quando abbiamo sperato tutti potesse dare la scossa a una squadra che oramai stava perdendo tutte le certezze. Ci fidavamo di lui. Ci siamo fidati. Nella speranza di poterci fidare in futuro.
Nell’estate del 2021, con la partenza improvvisa di Ronaldo, la dirigenza bianconera pensa di riprendere Kean. Moise rientra a Torino il 31 agosto, in prestito biennale con obbligo di riscatto fissato a ventotto milioni di euro. Fa il suo terzo esordio in bianconero il successivo 11 settembre, nella sconfitta esterna contro il Napoli, subentrando nel finale di gara a Morata e causando, con uno sciagurato colpo di testa, una rete napoletana. Il 22 dello stesso mese torna al gol in maglia juventina, sbloccando il punteggio nella vittoria sul campo dello Spezia. L’8 dicembre realizza il suo primo gol in Coppa dei Campioni, nell’ultima gara casalinga della fase a gironi, contro il Malmö. In totale totalizza quarantadue presenze e sei gol.
Nel stagione 2022-23, la Juventus riscatta interamente il cartellino di Kean. L’annata è complicata per la Juventus, a causa delle penalizzazioni prima date, poi tolte, poi ridate. Lo stesso Moise si segnala in negativo il 5 marzo 2023, nella sconfitta esterna 1-0 in campionato contro la Roma, in cui riceve un cartellino rosso a soli quaranta secondi dal suo ingresso in campo. Dal sito repubblica.it: «Incredibile all’Olimpico: Roma-Juventus dell’attaccante bianconero Moise Kean è durata soltanto quaranta secondi. Il tempo di entrare in campo e di farsi cacciare subito dall’arbitro Maresca per un plateale fallo di reazione sul giallorosso Gianluca Mancini. Prima la trattenuta dei pantaloncini del difensore, poi un calcio all’avversario. Analizziamo bene l’episodio: la Juventus è sotto 1-0, ha segnato proprio Mancini trentasei minuti prima. È la rete che poi deciderà la partita. Allegri toglie un esterno, Cuadrado, per una punta, Kean, per andare alla ricerca disperata del pareggio. Il cambio viene chiamato al minuto ottantanove esatto. Svolte tutte le operazioni di rito, Kean entra in campo quando il cronometro segna 89’09’’: il gioco riprende proprio adesso. Ventisette secondi esatti dopo, ecco la follia all’altezza della trequarti: serie di trattenute con Mancini e calcio all’avversario. Quattro secondi dopo, siamo a 89’40’’, Maresca espelle il calciatore della Juventus. Mentre Kean esce dal campo Allegri lo osserva con uno sguardo che dice tutto. Nessuna parola, ma basta un’inquadratura sul suo volto per capire quanto sia arrabbiato per quel gesto senza senso. L’allenatore però si limita a muovere la mano, come a dire: «Ma cosa hai fatto?».
Termina comunque il campionato con un bottino di quaranta presenze e otto gol.
TUTTOSPORT.COM DEL 28 DICEMBRE 2023
Moise Kean come nessuno lo ha mai conosciuto. Cosa c’è dietro le esultanze allegre, la musica prodotta, gli sguardi e i silenzi dell’attaccante della Juventus? A svelarlo è stato proprio lui, in una lunga intervista a «Dazn Heroes», in cui il centravanti bianconero si è raccontato in tutte le sue sfaccettature. La carriera parallela nel rap, il periodo al PSG con Neymar e Mbappé, il rapporto con Allegri ma anche l’infanzia vissuta per strada, fino alla paternità che lo ha profondamente cambiato.
Kean è un grande appassionato di musica, tanto da aver prodotto anche una canzone, «Outfit»: «La cantiamo in tre, io e altri due miei amici che son cresciuti con me. Capo Plaza e Boro Boro mi hanno scritto, ho fatto sentire alcuni pezzi a Shiva. Mi ricordo che eravamo in trasferta, e mentre tornavamo in aereo l’ho scritta. Molti pensano che dopo il primo pezzo chissà quando uscirà il secondo, invece verrà fuori presto. Vero che c’è un pezzo fatto con McKennie e Leao, ancora non è uscito: ci stiamo lavorando, vediamo... Anche Leao scrive bene. Fare musica mi calma: ho cominciato a rappare, a fare musica, a undici anni per strada. Nel mondo del calcio va capito che una persona può avere tanti talenti. C’è molta gente che gioca a calcio e fa rap ma non ha mai pubblicato canzoni. In estate andiamo in America, quando ci alleniamo troviamo giocatori di NFL o NBA, loro sono bravissimi. Io sempre con Weah e McKennie? Gli americani hanno un altro modo di vivere, sempre sorridenti, e questo si adatta alle mie vibes. Quando giocavo all’Everton era il periodo Covid. Lì ero chiuso in casa, avevo uno studio e mi son messo a scrivere, a migliorarmi ancora di più. Anche quando ero a Parigi stavo in uno studio, e molti erano meravigliati di questa cosa. Chi ascolta la musica peggiore alla Juve? Nicolussi Caviglia! Però è molto aperto, ascolta anche Mozart o cose così».
E a proposito del periodo vissuto a Parigi: nella stagione al PSG Kean era riuscito a esprimersi al meglio, segnando in tutto diciannove gol. Ed è proprio l’attaccante a svelare il perché: «I miei parenti abitano lì, quindi mi sentivo a casa. Merito anche dei compagni di squadra, come Neymar, Mbappé: pensavo non mi avrebbero calcolato, ero anche arrivato l’ultimo giorno di mercato, invece mi hanno aiutato tantissimo. Mi spiegavano come giocare con loro. C’era anche Di Maria, con tutti loro ho avuto un ottimo rapporto anche fuori dal campo, andavo a cena con loro: questo mi faceva sentire grande».
E a proposito di rapporti con i compagni, Kean è stato protagonista di due episodi in Nazionale, in cui ha fatto ritardi non presi proprio benissimo dallo staff azzurro. Uno di questi con Zaniolo, con cui da anni ha un bel legame: «Una volta davvero sembrava che il ritardo ce l’avesse con me. Ero con Zaniolo, metteva musica ad alto volume, giocava alla Play. Erano le 10.58 e avevamo riunione alle 11.00: ci spostiamo per scendere, ma l’ascensore non arriva, poi dentro c’era gente e abbiamo fatto tutti i piani. Siamo arrivati alle 11.05, il CT dell’Under-21 Di Biagio ci chiede spiegazioni, io chiedo scusa per il ritardo, ma a Nicolò la cosa faceva ridere e quindi chiedeva scusa ridendo. Io non ci potevo credere! E quindi per il fatto che lui rideva ci han messo fuori, ma Nicolò è così, prende le cose alla leggera. Quando capitò con Scamacca non eravamo compagni di stanza, arrivammo entrambi tardi: lì non misi la sveglia, ho il sonno pesante. Marachelle nel settore giovanile? Se capitava a volte mi mettevano a fare le fotocopie, ma spesso aiutavo i magazzinieri o pulivo gli spogliatoi: mi facevano capire come funzionava. Mi dicevano che un giorno li avrei ringraziati, e in effetti è stato così: capisci che non è semplice il lavoro che fanno».
Kean è andato via dalla Juventus quando ha salutato Allegri, ed è tornato a vestire il bianconero quando il tecnico toscano è tornato in panchina. Con lui ha un rapporto speciale, ma non è l’unico: «Con Allegri ho un ottimo rapporto: nei momenti duri, dove facevo cavolate, mi faceva capire, se facevo bene mi faceva capire. È stato sempre un papà sportivo: a volte litighiamo ancora, è normale. Ma ci vogliamo tantissimo bene, anche se non ce lo diciamo mai. Con Ciccio Grabbi (allenatore della Juventus Under-14, ndr) ho sempre avuto un bel rapporto, mi ha fatto da padrino: mi sono battezzato a dodici anni. Lo chiamai, ci tenevo tanto, lui iniziò a piangere al telefono quando glielo chiesi e mi disse sì. Mia mamma è cattolica, e ogni tanto prima di scendere in campo prego, ringrazio per quello che sono: potevo fare la fine di alcuni miei amici».
Il rapporto con Allegri è chiaro, ma con i compagni? Kean è giovane ma ha vissuto già tante esperienze importanti, anche e soprattutto alla Juve: «Mi sono dato una regola: non mi voglio mai far sentir vecchio, ma con i giovani ci so fare. Magari uno un po’ più grande gli dice che bisogna svegliarsi, allenarsi in un certo modo. Se vado io da Huijsen o Yildiz, per esempio, mi capiscono di più. Con me non parlavano tanto, ma se parlavano non le mandavano a dire... Chi mi richiamava di più? Bonucci! Leo conta molto sull’atteggiamento: se sbagli lui lo sa e te lo dice. Miretti l’ho conosciuto presto: una volta mi misero in punizione e mi fecero allenare coi più piccoli, e c’era lui. Fagioli è venuto dopo, lo sentivo nominare spesso. Una volta mi fermai a guardare una partita dei 2001, ed era veramente bravo! Si vedeva che era davvero forte, e infatti lo sta dimostrando e avrà tempo per dimostrarlo ancora. Quando da ragazzino arrivai alla Juve la prima volta nello spogliatoio incontrai Nicolussi Caviglia. È la persona che qua dentro mi conosce più di tutti: se sto per dire o fare qualcosa che non dovrei dire o fare, mi ferma prima. Lui è il mio gemello, la mia guida, ecco. Quando c’è qualcosa che non capisco, chiedo ancora a lui: magari non comprendo come fare un esercizio in campo che ha spiegato il mister e mi rivolgo a lui. È come in classe, c’è il “secchione”. Ma lui non è così, è davvero speciale per me».
Nella giovinezza calcistica ha trovato un compagno come punto di riferimento, Nicolussi Caviglia. Ma quando da ragazzino giocava per strada, prima di arrivare alla Juventus, le cose erano diverse, e prendere la strada sbagliata sarebbe stato facile: «Ho iniziato ad avere fin da subito grandi responsabilità. Sono andato via di casa a tredici anni: non c’era nessuno per portarmi da Asti a Torino tutti i giorni, e quindi mi sono spostato nel Convitto. Lasciare amici e casa non è stato facile. Ad Asti mi divertivo: andavo a giocare, stavo per strada. Non sono stato facile da gestire come figlio: anche parlando coi miei compagni dell’infanzia, l’hanno vissuta diversamente dalla mia. Magari a Natale andavano in vacanza con le famiglie, noi stavamo lì: ci adattavamo. Giocare a calcio, stare per strada con gli altri era la normalità. Marachelle? Sì, abbastanza. Spesso giocavamo in oratorio, spegnevano le luci alle sette e ci mandavano fuori. Noi tornavamo alle dieci e mezza, facevamo partite cinque contro cinque: una volta il Don ci scoprì, chiamò la polizia e scappammo. Ero il più piccolo, ma il più forte di tutti: gli altri avevano sedici-diciassette-diciotto anni, io avevo undici-dodici anni. Molti di quei ragazzi non hanno preso una bella strada, anche se a me dicevano sempre di inseguire i miei sogni e di non fare come loro. Tanti, nella mia situazione, non riescono a scegliere, io mi sento fortunato ad esserne uscito, anche se non dimenticherò mai da dove vengo. Quando ho esordito a sedici anni mi son detto: la cosa sta diventando seria, sono fuori dalla merda».
Da giovane ragazzino appassionato di calcio a calciatore professionista, e oggi anche papà di un bimbo di quattro mesi: «Dalla nascita di mio figlio, Marley, sono cambiate tante cose. Ora prima di agire ci pensi molte volte, prima di fare qualcosa pensi sempre a lui. Da quando inizi a prenderlo in braccio dici “Cavolo!”. Ti cambia tutto, ma tutto in maniera naturale. Perché nessuno sapeva che avevo un figlio? Non mi piace dire in giro le mie cose, piace tenermi certe cose per il privato. In squadra non lo sapeva nessuno, finché non mi sono assentato per andare in ospedale. Cosa mi hanno detto? Erano scioccati! (ride, ndr)».
Nella prima parte della stagione 2023-24, pur a fronte di un avvio promettente, l’attaccante vede ridursi progressivamente il proprio minutaggio, sia per i postumi di un infortunio alla tibia sia per il mutare delle gerarchie nell’attacco bianconero, dove viene scavalcato prima da Milik e poi Yildiz. Conclude la stagione senza segnare mai e partecipando da comprimario alla vittoria della Coppa Italia, la seconda in carriera per l’attaccante.
Il saluto del sito ufficiale della Juventus: Si separano le strade dell’attaccante ventiquattrenne e della Juventus dopo l’ultima parentesi insieme che durava dall’agosto del 2021. Per tirare le fila della storia di Kean con la maglia bianconera bisogna risalire al 2010, anno in cui la Juve lo preleva dal Torino. Muove i primi passi nel Settore Giovanile, si forma come calciatore e comincia a essere chiamato in Prima Squadra già nel 2016-17 con Massimiliano Allegri che lo prende subito in considerazione. Esordisce in Serie A il 19 novembre 2016, all’età di sedici anni, e poco dopo gioca la prima anche in Champions League. Prestito all’Hellas Verona nella stagione successiva e poi ritorno alla Continassa, cessione all’Everton nell’estate del 2019 a terminare la prima parte di racconto. Lo step successivo per Moise, nel 2020-21, si chiama PSG e altro rientro all’Everton. Al termine della sessione estiva la Juventus lo acquista nuovamente e i destini tornano a incrociarsi. Tre anni insieme, nei quali Moise ha segnato quattordici reti, undici delle quali in campionato. Ora, per lui, una nuova e stimolante esperienza. Un grande in bocca al lupo, Moise!
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