sabato 27 febbraio 2016

Giovanni BARTOLUCCI

L’avventura bianconera di Bartolucci dura solamente sei minuti, nella finale di andata della Coppa Italia edizione 2003-04. Entra al posto di Camoranesi, in una partita che sta andando malissimo: Juve in dieci per l’espulsione di Tudor e Lazio con il doppio vantaggio che, purtroppo, non sarà rimontato quasi due mesi dopo nel match di ritorno. Alla fine della stagione, Giovanni viene ceduto al Crotone, dove troverà Gasperini e parecchi compagni delle giovanili bianconeri.

MAURIZIO TERNAVASIO, “HURRÀ JUVENTUS” NOVEMBRE 2003
Dall’alto dei suoi diciannove anni compiuti, è uno dei “vecchi” della Primavera di quest’anno, oltre ad essere l’unico superstite tra i difensori titolari dello scorso campionato.
Giovanni Bartolucci, nato in provincia di Arezzo ma fiorentino (almeno dal punto di vista calcistico) d’adozione, si racconta così: «I miei genitori vivono a Stia, il paese dove sono stati girati numerosi esterni del film di Pieraccioni “Il ciclone”. Ho appena conseguito il diploma da geometra e ora sono iscritto all’ISEF, ed ho un fratello di ventisette anni che studia all’università. I primi calci li ho dati nel Falterona, la squadra del paese, dove giocavo nel ruolo di centrocampista. A dieci anni sono passato alla Fiorentina, e sino ai quattordici facevo la spola dal paese con mio padre, che per tre-quattro volte la settimana si sobbarcava più di 100 chilometri. A quindici sono entrato in un convitto del capoluogo toscano, intanto ho cominciato a giocare anche in difesa. Fatto abbastanza raro, sono passato direttamente dagli Allievi Professionisti alla Prima Squadra, saltando la categoria Primavera. È accaduto nel campionato 2001-02 quando, visto che la squadra stava navigando in cattive acque, ho avuto la possibilità di fare uno spezzone in campionato e di giocare in due occasioni in Coppa Italia».
Con il tempo Bartolucci si è trasformato in un difensore affidabile, dal rendimento sempre costante e dalla tecnica ineccepibile. «Mi piace agire sulla fascia, in particolare su quella destra, ma non mi trovo male neppure a sinistra. All’occorrenza posso anche piazzarmi in mezzo, però da quella posizione non posso spingere in avanti per cercare di sfruttare al meglio quelle che sono forse le mie caratteristiche migliori, ossia la velocità e l’aggressività».
Bartolucci non è l’unico giocatore della Primavera della Juve con un passato in viola, visto che lo scorso anno con lui a Torino sono arrivati pure Luci e Scarzanella, il primo punto fermo del centrocampo, il secondo promettente (e molto giovane) numero dodici. Eppure, per ragioni anagrafiche, i tre prima d’ora non avevano mai giocato insieme. «La Fiorentina voleva che rimanessi, però la situazione si era fatta molto ingarbugliata. Non si sapeva cosa sarebbe stato di noi giocatori, per questo ho accettato con entusiasmo la proposta bianconera, senza farmi problemi per la storica rivalità tra le due società. Ho pensato al mio futuro, e son sicuro di aver fatto la scelta migliore. L’unico piccolo rammarico è a livello umano, per aver lasciato allenatori e dirigenti al cui fianco ho vissuto, e bene, per otto lunghi anni. Però se adesso dovessi abbandonare la Juve, ne farei ugualmente una malattia. Io mi affeziono facilmente ai posti e alle persone».
Tanto che anche gli inizi torinesi sono stati tutto sommato favorevoli, sia in campo, sia nella vita di tutti i giorni. «Dopo meno di un mese mi ero già perfettamente ambientato, grazie ad una società fantastica e ai compagni che mi hanno dato una grossa mano. Vivo da solo in un appartamentino vicino allo stadio Comunale, ma spesso mi capita di pranzare o di cenare insieme agli altri. Ma non mi sento mai solo».
Come giudichi la squadra di quest’anno, dopo le tante partenze eccellenti della passata stagione? Quali sono gli obiettivi che tu e i compagni vi siete prefissati? «Dopo aver vinto l’ultimo Torneo di Viareggio ed essere arrivati ai quarti di finale in campionato, ci impegneremo al massimo per raggiungere un obiettivo difficile ma non irraggiungibile, ossia l’accoppiata vincente Viareggio più scudetto. Il nostro organico è di prima qualità sia dal punto di vista umano, fatto quest’ultimo mai trascurabile, sia in ottica propriamente tecnico-agonistica. Se limitiamo il discorso al solo attacco, è innegabile che disponiamo di risorse di altissimo livello, non credo che siano molte le squadre che possano avere in rosa elementi come Benjamin, Palladino, La Vecchia, Chiumiento e Kovalenko. Nel complesso mi sembra che la compagine di questa stagione sia all’altezza di quella trascorsa, che pure all’inizio aveva incontrato qualche normale difficoltà nell’assemblare tanti volti nuovi».
La staffetta tra gli allenatori ha, a tuo avviso, comportato qualche importante cambiamento? «È chiaro che ogni tecnico vede la squadra con i suoi occhi e ha un proprio modo di allenare, però mi sembra che a grandi linee il metodo di lavoro di Chiarenza ricalchi quello di Gasperini. Anche se i tanti infortuni patiti a inizio anno ci hanno imposto di passare dal modulo 3-4-3 a un 3-5-2 altrettanto efficace».
Un’ultima domanda: cosa c’è dietro l’angolo per Giovanni Bartolucci? «Non vorrei peccare di immodestia, ma io mi vedo in Serie A e, magari, in Nazionale. Non lo dico perché sovrastimi le mie qualità, ma perché credo che sarebbe la giusta ricompensa per i tanti sacrifici sin qui fatti. Sia ben chiaro, se le cose andassero diversamente e mi ritrovassi a giocare sempre e soltanto in Serie B, non mi sentirei deluso o sminuito: io sono quello che si dice un vero innamorato del calcio, è uno sport che mi piace da morire in sé, e non solo per quanto può darti in tema di notorietà e di denaro».

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