Nato a Bomporto (Modena) il 18 agosto 1918, è il terzo della dinastia di cinque fratelli, tutti dedicatisi al calcio. Cresce nelle file del Modena che, negli anni precedenti la seconda Guerra Mondiale, militava in Serie A e, per tradizione, era solito schierare giocatori di notevole grinta e di eccellenti qualità atletiche. I fratelli Sentimenti si misero subito in evidenza, essendo giocatori di indubbio talento, specialmente il terzo e il quarto della stirpe, atleti che recitarono poi la parte più importante della loro carriera indossando la maglia della Juventus.
Vittorio Sentimenti III, detto Ciccio, si fece notare da alcuni osservatori bianconeri, nel corso del campionato 1938-39; dopo aver pareggiato (1-1) sul proprio campo nel girone di andata, la Juventus venne nettamente sconfitta a Modena nell’incontro di ritorno (2-0 con reti di Bazan e Zironi) e Ciccio fu un autentico protagonista di quell’impresa. Nella stagione 1941-42, a guerra iniziata, Vittorio arrivò alla Juventus e si giovò moltissimo della presenza, al suo fianco, di un fuoriclasse come Felice Borel, che lo maturò completamente dal punto di vista calcistico.
Ciccio aveva un gioco semplice, lineare e preciso; in possesso di una notevole tecnica che gli permetteva qualsiasi prodezza con il pallone, sapeva seminare gli avversari con dribbling secchi e improvvisi, che iniziava sempre con un’abilissima finta di reni. Essendo ambidestro, poi, poteva applicare con la massima versatilità alla palla il colpo più opportuno, che aveva sempre la caratteristica della massima imprevedibilità. Aveva la grande capacità di capire immediatamente la via più corta per arrivare al gol: in poche parole, è stato una delle figure più interessanti del calcio italiano degli anni ‘40.
Militò nella Juventus degli anni bui a cavallo del secondo conflitto mondiale e nel suo palmarès, compare solamente un Coppa Italia, vinta nel 1942. In totale ha collezionato 218 presenze (210 in campionato e 8 in Coppa Italia) confortate da un bottino di 70 reti (63 e 7 rispettivamente).
Nell’estate del 1949 lascia la Zebra per accasarsi alla Lazio e, dalla capitale, rientra a Torino un triennio più tardi per approdare alla maglia granata dalla quale, quasi quarantenne, si separa al termine della stagione 1955-56 per ritornare a vestire la maglia del Modena.
SI RACCONTA SU “HURRÀ JUVENTUS” DEL LUGLIO 1964
Eravamo cinque fratelli, io ero il terzo, Sentimenti Vittorio. Cioè Sentimenti terzo. Famiglia emiliana, di Bomporto, che sta vicino a Modena. Logico che, dovendo io come gli altri fare il calciatore, incominciassi a imparar l’arte nel cortile di casa mia e poi nelle squadre di casa mia.
Così crebbi nella scuola del Modena, una scuola che ricordo con piacere, come sempre si ricordano con piacere tutte le scuole giovanili. Quando si invecchia ci si pensa, a quelle scuole, e verrebbe voglia di tornare indietro, se non altro per ritornare giovani.
Ero allievo nelle file minori gialloblù e avevo il temperamento dell’attaccante, ma non ero un «fisso», girovagavo per tutti i ruoli, come credo capiti a ogni ragazzo in cerca di una maturità agonistica, tecnica. I fatti dimostrano (e questi fatti sono ricordi) che io mi elevavo sui miei compagni. Avevo soltanto sedici anni, la prima squadra del Modena era in Serie B, il girone di ritorno era appena incominciato. Correva la stagione 1935-36. A un certo momento i dirigenti dissero: «E se provassimo quel Sentimenti in prima squadra?». Decisero di buttarmi dentro per vedere come me la cavavo. Il coraggio non mi mancava e la possibilità di fare un passo avanti nella mia carriera mi interessava, e parecchio.
In sostanza, come ala destra, giocai tutte le ultime dodici o tredici partite di quel campionato e mi guadagnai i gradi di titolare per l’anno dopo. Che fu un anno (il ‘36-‘37) pieno di gloria. Difatti il Modena fu promosso dalla Serie B alla Serie A. Io ero titolare in prima squadra, ma continuavo a girovagare un po’ per tutti i ruoli dell’attacco. Giocai ala destra, ala sinistra, centravanti, mezzala. Ero una specie di jolly. Non avevo pace, come non aveva pace il mio Modena che, fino al 1941, seguitò a retrocedere in B e a essere promosso in A. Un’ossessionante altalena che dava le vertigini ma che entusiasmava, in un certo senso.
Quando nel ‘41-‘42 il Modena passò per l’ennesima volta dalla B alla A, mi acquistò la Juventus. Fu alla Juventus che io maturai definitivamente, che io divenni un giocatore di calcio affermato e tutto intero. Per questo, soprattutto, io ricordo i miei trascorsi bianconeri: perché, appunto, alla Juventus, io mi sono laureato calciatore, se così posso dire. E sono traguardi che non si possono scordare.
Rammento che l’anno in cui io mi trasferii a Torino, vennero alla Juventus, dall’Ambrosiana Inter, Olmi e Locatelli e fu pure acquistato un sudamericano: Banfi. Comunque il periodo più gradito scattò con l’ingaggio di mio fratello Lucidio, Sentimenti IV, che dopo essere stato militare, passò alla Juventus nel ‘42-‘43. Lui portiere, io attaccante. Assieme, com’eravamo una volta in famiglia, a Bomporto, per otto anni!
Ricordo, in quel periodo, memorabili scontri con il Torino, che era fortissimo, ricordo la Coppa Italia che vinse la Juventus, ricordo i nomi dei miei compagni più illustri, già anziani, o giovani matricole della maglia bianconera: Piola, Meazza, Rava, Foni, Dalmonte, Parola, Locatelli, Depetrini, i due Varglien, Lushta, Colaussi, Muccinelli e poi un ragazzotto biondo di Barengo: Giampiero Boniperti…
Ma un nome ricordo particolarmente, il nome di quello che a mio parere è stato uno dei più forti attaccanti d’Italia del periodo d’oro: Felicino Borel.
Io ero ben visto da tutti, ero abbastanza quotato, giocavo ala destra, mezzala destra, mezzala sinistra: Sentimenti III copriva tutti i buchi che si aprivano all’attacco. E volentieri. Ma con Borel vicino, io mi sentivo un altro. Lui sapeva segnare e sapeva far segnare, la palla la colpiva come pochi, la passava come pochi.
Rinverdì gli entusiasmi Giampiero Boniperti al quale ho l’orgoglio di poter dire d’aver fatto vincere due o tre classifiche dei cannonieri. Ma ormai la mia avventura juventina stava per concludersi.
Nel 1949 me ne andai con Lucidio alla Lazio e alla Lazio restai tre anni. Poi io passai al Torino, dal ‘52 al ‘55-‘56. Infine, nel ‘56-‘57 giocai l’ultimo mio campionato nel Modena. Partito dal Modena tanti anni prima, morivo a Modena come calciatore. Sono stato il calciatore boomerang, io dico!
Oggi alleno i giovani del Torino, questo è il mio mestiere, ma il lavoro non mi fa dimenticare il vertice della mia parabola di calciatore boomerang. Il vertice lo toccai alla Juventus. Le partite con Felicino Borel sono tutte nella mia memoria.
Ha lasciato un segno indelebile, alla Lazio.
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