13 dicembre 1953, Italia-Cecoslovacchia, cronaca di Vittorio Pozzo su “Stampa Sera”: «L’odore dell’occasione che poteva presentarsi, lo juventino lo sentì da lontano, perché prese improvvisamente a correre da dove si trovava, mentre i diversi episodi sopraccennati stavano svolgendosi, percorse una trentina di metri a tutta velocità, e arrivò colla precisione del secondo sul luogo e nell’istante in cui il portiere commetteva il suo errore, e spedì in rete, come se lui avesse già saputo tutto prima. Poi diede sfogo all’entusiasmo e all’emozione per avere segnato per l’Italia alla sua prima comparsa in maglia azzurra, cadendo a terra svenuto. Se ne parlerà a Buenos Aires di quest’avvenimento e di questo svenimento. Qui in Italia possiamo dire che questa rete di tipo specialissimo ha suggellato definitivamente l’incontro di Genova».Finì 3-0 per gli azzurri. Edoardo Ricagni, oriundo argentino, aveva davvero perso i sensi: le foto lo ritraggono sdraiato per terra, con gli occhi sbarrati e le braccia allargate.
Tutto cominciò all’età di nove anni, quando alla scuola preferì il lavoro da garzone nel negozio di calzature del padre Pietro, emigrato in Argentina, nel 1912 da Padova. Ne aveva sedici quando esordì nella Platense contro il Boca Juniors, in un incontro della Coppa Ramirez vinto dalla squadra di La Plata per 4-3. Qualche tempo dopo, il giocatore passò allo stesso Boca, poi al Chacarita Juniors. Nel 1951 fu bloccato dal Torino che, all’ultimo momento, gli preferì Hjalmarsson e Ricagni rimase in Sudamerica vincendo, con l’Huracan, la classifica cannonieri con trenta reti in ventinove partite. Intanto, con un altro calciatore di nome Spinelli, acquistò un bar, chiamato Tres Estrellas, nel centro di Buenos Aires.
Ma quei goal convinsero la Juventus di aver trovato il sostituto di Rinaldo Martino, grande campione tornato in Argentina, vinto dalla nostalgia. Le trattative furono molto rapide, in una settimana Ricagni diventò juventino: all’Huracan andavano un milione e duecentocinquantamila pesos, il contratto triennale del giocatore prevedeva un ingaggio di quattrocentomila pesos e uno stipendio annuo di duecentomila pesos.
Il giornalista argentino Oreste Bomben scrisse sul “Calcio illustrato”: «Il recente acquisto sudamericano della Juventus ha ventisette anni, è alto 1,67 e pesa normalmente settanta chilogrammi; in Buenos Aires svolge l’attività di esercente di un bar sito nell’Avenida Cabildo».
«Sono arrivati a Torino ieri i due giocatori argentini Ricagni e Giarrizzo – si legge su “La Stampa” del 14 agosto 1953 – ingaggiati, com’è noto, dalla Juventus. Il primo si fermerà nella nostra città e sarà la mezzala destra titolare della squadra bianconera, mentre Giarrizzo, dopo qualche giorno di permanenza, si trasferirà a Palermo per giocare nella squadra siciliana. I documenti ufficiali di cui sono in possesso confermano chiaramente la loro origine. Entrambi figli di italiani emigrati in Argentina anni fa, hanno conservato la cittadinanza, anche se né nella lingua né nei tratti tradiscono la loro origine. Ricagni è bruno, con lineamenti marcati, di media statura, con calvizie incipiente. Giarrizzo, invece, è un longilineo, biondo, cordiale e fanciullesco nei modi. Non si direbbe certo di sangue siciliano. Sessanta ore di viaggio non possono certo costituire una preparazione ideale per una chiacchierata, ciononostante i due calciatori non si dimostrano stanchi, accettano il discorso, che, naturalmente cade su argomenti di calcio. A istruirli sul nostro gioco ha provveduto Cesarini, l’ex-giocatore e allenatore dei bianconeri, che ha caldeggiato l’acquisto entrambi. Sanno già che da noi si usa la maniera forte, l’urto uomo contro uomo, il controllo serrato a spalla a spalla. Informazioni giunte dal Sud America confermano che i due sono particolarmente adatti al gioco italiano. Deciso, tiratore in goal Ricagni, abilissimo nel gioco di testa e nello smistamento il giovane Giarrizzo. La carriera di Ricagni è già nota, perché debba essere ricordata. Merita cenno comunque il fatto che il giocatore in undici anni di professionismo non è mai stato espulso dal campo e di conseguenza neppure una volta squalificato. È anche lieto di poter dire di non aver mai subito un incidente grave di gioco, in modo che le sue assenze dalla squadra sono state sempre brevissime. Nello scorso anno ad esempio ha giocato ventinove partite delle trenta che conta il campionato argentino. I ventinove goal segnati confermano le sue doti di realizzatore. Sia Ricagni che Giarrizzo questa mattina andranno al campo per conoscere gli altri juventini. Ricagni inizierà gli allenamenti con i suoi nuovi compagni martedì, dopo l’interruzione per le feste di ferragosto».
Nella Juventus fece molti goal, ma con l’ambiente non riuscì a legare e il periodo in bianconero non fu sempre felice. Un giorno dichiarò: «Avevo, contro di me, due o tre dirigenti bianconeri e alcuni giocatori».
Non ha mai rivelato i nomi dei nemici, ma non è difficile immaginare che del gruppo facesse parte Boniperti. Il capitano, nel libro “La mia Juventus”, scrisse: «Ricagni giunse dall’Argentina con ottime referenze, ma stentò a innestarsi nei nostri schemi di gioco. Era un opportunista, pronto a sfruttare astutamente il gran correre degli altri attaccanti. Segnò, infatti, diciassette reti (capocannoniere fu Nordahl con ventitré), ma si inimicò molti compagni. Io e Muccinelli stentammo un po’ ad andare d’accordo con lui, ma specialmente con i danesi diede vita a un’accesa rivalità».
Ricagni fu ceduto al Milan con tanti rimpianti, poiché era molto più valido atleticamente di quanto qualcuno avesse ritenuto. Nel 1956, passò al Torino, dove disputò ancora molte partite e segnò numerosi goal. Chiuse la carriera nel Catania.
La mattina del 15 novembre 1959, una domenica, accompagnato dalla moglie e dai tre figli, si imbarcò a Genova sulla nave Conte Grande e fece ritorno alla sua Buenos Aires.
Io lo ricordo come adesso. Era velocissimo e arrivava sempre là dove sarebbe arrivato il pallone. Ho letto poco fa una cronaca scritta da Vittorio Pozzo su di un gol fatto da Ricagni in una partita della Nazionale Italiana del dicembre 1953 - era oriundo - e il grande vecchio non poteva dire meglio di quel gol e nell stesso tempo del grande RICAGNI. A quei tempi avevo 14 anni e giocavo anch'io a calcio, e immaginavo di poter essere come lui. Sono tra quelli che lo hanno rimpianto; con lui la partita non era mai finita, c'era sempre la speranza del suo GOL!!!
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